di Francesco Avati
Dott. Fera, da qualche mese lei è impegnato in un lavoro di ricerca, promosso dalla Fondazione IFEL Campania presso il Dipartimento di Economia dell’Università degli Studi della Campania “Luigi Vanvitelli”, su un tema di grande attualità per lo sviluppo degli enti locali come quello del partenariato pubblico-privato. Qual è la finalità di questa ricerca?
L’obiettivo della ricerca è senza dubbio composito. Da un lato vi è la necessità di analizzare e formalizzare, ad oggi, il quadro strutturale in cui il partenariato pubblico-privato si inserisce in Italia e, di conseguenza, osservare lo sviluppo che esso ha avuto nel corso del tempo sia dal punto di vista normativo ed interpretativo, sia (e soprattutto) in relazione alla sua fattiva attuazione a prescindere dalle idilliache fondamenta teoriche e/o dalla drammatica considerazione circa le istituzioni italiane e dei rapporti con esse. Ed è proprio a quest’ultimo aspetto che si lega l’altra principale motivazione della ricerca che emerge dalla volontà di capire quali possano essere i comuni fattori fondamentali di successo su cui puntare per eventuali progetti futuri ma, al tempo stesso, isolare anche i principali fattori e le principali cause di insuccesso che hanno determinato il fallimento di numerosi progetti di grande interesse in modo da evitare che gli stessi errori possano essere sistematicamente commessi in futuro senza avere neanche la consapevolezza che un determinata azione, piuttosto che un’altra, possa essere del tutto deleteria per il successo dell’intero progetto.
Con quale metodo si sta procedendo?
Essendo fortemente radicato in un ambiente di tipo accademico da alcuni anni ormai, ma anche per conferire maggiore spessore ai risultati ottenuti, la ricerca viene necessariamente condotta secondo il metodo scientifico. Pertanto, essa è stata suddivisa in varie fasi, ognuna delle quali risulta essere fondamentale per la realizzazione dell’intero studio e propedeutica per le fasi successive. In tal senso si sta procedendo, come già accennato, ad un inquadramento di tipo giuridico-normativo del partenariato pubblico privato e ad una valutazione circa il suo andamento e la sua rilevanza economica. Da qui, si procederà con l’analisi della letteratura al fine di sistematizzare e capire come la comunità scientifica si sia approcciata allo studio della materia, in relazione a quali ambiti il partenariato pubblico-privato sia stato maggiormente oggetto di approfondimenti ed, infine, evidenziare quali siano i principali risultati e le considerazioni proposte in seno all’argomento analizzato. Una volta costruito il quadro teorico-normativo, si procederà con l’individuazione di taluni casi di successo tanto quanto altri casi di insuccesso al fine di procedere con un’analisi delle loro caratteristiche principali nel tentativo di formalizzare quanto detto in relazione agli obiettivi della presente ricerca.
Ci può anticipare qualche prima osservazione sulla situazione nel nostro Paese e in Campania in modo particolare?
Senza dubbio, in Italia, il partenariato pubblico-privato è uno degli istituti che ha generato, e genera tutt’oggi, un forte interesse sia dal punto di vista giuridico-normativo, sia in abito pratico ed accademico.
Tuttavia, nonostante il forte interesse che esso suscita, anche per merito delle enormi potenzialità che lo caratterizzano e che consentirebbero di superare una serie di problemi di carattere economico, burocratico e programmatico che caratterizzano la Pubblica Amministrazione, siamo di fronte ad uno strumento ancora molto poco utilizzato o, nei casi in cui vi si faccia ricorso, che non vede fiorire molto frequentemente quanto seminato. Per ciò che concerne la Regione Campania, nello specifico, sembrano valere le medesime considerazioni appena proposte per il sistema Paese, ma con un’ulteriore aggravante: la nostra regione, infatti, si distingue per essere una delle regioni in cui si è fatto meno ricorso al partenariato pubblico-privato e che, al tempo stesso, presenta una delle più alte percentuali di fallimento dei progetti avviati.
Perché questo strumento è ancora poco utilizzato?
Mentre l’analisi degli aspetti legati al frequente fallimento dei progetti avviati nelle forme del partenariato pubblico-privato è uno degli obiettivi della ricerca su cui sono impegnato, le motivazioni per cui detto strumento è ancora così poco utilizzato richiederebbero un ulteriore approfondimento. In ogni caso, dalle analisi preliminari sin qui condotte, alcuni aspetti che potrebbero dare una parziale risposta a tale quesito sembrano essersi già palesati. Uno dei principali aspetti, che mi sentirei di evidenziare, è legato alla scarsa cultura istituzionale che caratterizza taluni imprenditori, che fa il paio con un’altrettanto scarsa cultura imprenditoriale che caratterizza le istituzioni. Da qui, a mio avviso, ha origine uno dei principali problemi radicati nella società italiana in generale, e quella campana (ma non solo) nello specifico, e che è rappresentato dalla mancanza di fiducia e dalla diffidenza reciproca che esiste fortemente tra il mondo pubblico e quello privato. In tal senso, infatti, sembrerebbe esserci più una continua lotta nel tentativo di sopraffare l’altra parte, piuttosto che la fattiva volontà di cooperare. Certo è che quest’ultima risulta essere comunque ulteriormente minata da altri fattori tra cui spicca, senz’altro, la farraginosa macchina burocratica italiana. Sebbene in minoranza, infatti, i soggetti privati disposti ad essere fattivamente attivi nel collaborare con la pubblica amministrazione certamente esistono ma, anche in caso di comunità di intenti e buona volontà reciproca, sono comunque costretti a scontrarsi con impedimenti e processi che potremmo definire tutt’altro che allineati al concetto di economicità a cui il privato (essendo quasi sempre rappresentato da imprese) non è di certo disposto a rinunciare, se non per scopi filantropici che però rientrano in tutt’altra sfera.
In che modo il partenariato pubblico privato può sostenere lo sviluppo dei nostri territori?
Sicuramente la risposta a tale quesito può trovarsi nella stessa nozione di partenariato pubblico-privato, essendo esso definibile come una forma di cooperazione tra i poteri pubblici e i privati, con l’obiettivo di finanziare, costruire e gestire infrastrutture, o fornire servizi di interesse pubblico.
Da qui ne deriva che in un contesto come quello italiano, e ancor più in regioni come la Campania, l’instaurazione di rapporti stabili e proficui tra soggetti privati e istituzioni sarebbe da considerarsi di altissimo potenziale sotto diversi punti di vista. Sicuramente la scarsità delle risorse finanziare che caratterizzano la Pubblica Amministrazione potrebbe essere in qualche modo alleviata per mezzo del partenariato pubblico-privato, così come la carenza di risorse e competenze tecniche che spesso caratterizzano talune istituzioni pubbliche ma che, invece, trovano eccellenze tra i soggetti privati operanti nei più disparati settori da poter sfruttare anche a servizio della collettività. In aggiunta, ritengo che il partenariato pubblico-privato sia da considerarsi come un vero e proprio strumento di educazione civica sia nella manutenzione di quanto esiste, sia nell’azione di proporre nuove iniziative in taluni ambiti e territori dove la cosa pubblica fatica materialmente ad arrivare per mancanza di conoscenza diretta di un determinato problema, piuttosto che un altro.
Detto questo, è evidente che il partenariato pubblico-privato possa essere senza dubbio considerato come uno strumento di altissimo potenziale per il nostro territorio che, aimè, soffre di enormi problematiche infrastrutturali in ambiti fondamentali come viabilità, istruzione e sanità, per citarne alcuni. Pertanto, avere un forte impulso dal settore privato in collaborazione con la cosa pubblica potrebbe portare enormi benefici sia in termini economici, ma anche in relazione alla “semplice” qualità della vita.