di Salvatore Parente
Mentre il sentimento popolare di euroscetticismo non accenna a diminuire e si parla con insistenza, ma anche con tanta incertezza, dello strumento del Recovery Fund proposto dalla Commissione Europea lo scorso 27 maggio, e che dovrebbe in futuro poter iniettare nell’economia degli Stati membri 750 miliardi di euro, la stessa Commissione ha avuto un ruolo strategico importante nella lotta al Covid-19 nei primi e più complessi mesi di emergenza sanitaria.
Con la crescita esponenziale dei casi di Coronavirus, dei decessi, l’affollamento delle terapie intensive e i conseguenti – e diffusi – lockdown, che hanno praticamente azzerato la capacità propulsiva di interi settori produttivi oltre che la possibilità di realizzare scambi commerciali su scala globale, la Commissione Europea ha attivato già il 19 marzo scorso, il Coronavirus Response Investment Initiative. Una prima importante iniziativa, approvata anche dal Consiglio e dal Parlamento europeo, per la ridistribuzione dei Fondi Strutturali e di Investimento Europei per far fronte, e in maniera rapida, alle impellenti necessità di tutti gli Stati membri durante l’emergenza da coronavirus. Una risposta forte, capace di superare i classici schemi grazie alla semplificazione di procedure di attivazione e rendicontazione delle risorse che, altrimenti, avrebbero vanificato la loro vitale tempestività.
CRII 1 – La prima fase
Il CRII (Coronavirus Response Investment Initiative) di marzo nasce, dunque, per garantire le prime essenziali risorse per il sostegno ai Paesi colpiti e che in poco tempo, oltre al dramma sanitario, sono stati costretti a fronteggiare anche quello economico. Per farlo, sono state riviste norme ben consolidate, in special modo di bilancio, per garantire liquidità immediatamente disponibile (37 miliardi di euro) oltre ad una maggiore flessibilità sulla tipologia degli investimenti da finanziare. Per la prima parte – quella relativa alla liquidità – nel periodo successivo al 19 di marzo, la Commissione ha deciso di lasciare nelle casse dei bilanci nazionali i quasi 8 miliardi di euro relativi agli anticipi (pre-finanziamenti) concessi agli Stati nel 2019, anticipi che, di norma, vengono restituiti se non impegnati/spesi a chiusura dell’anno contabile. Per l’Italia si è trattato di 850 milioni di euro a cui si sono aggiunti i nuovi anticipi per il 2020 versati tra fine marzo ed inizio aprile, per un totale di 1.46 miliardi di euro. A cui si sommano i quasi 9 miliardi di euro di investimenti pubblici, compreso il cofinanziamento, provenienti da risorse dei fondi Strutturali e di Investimento Europei non ancora allocati (con impegni giuridicamente vincolanti a favore di specifici progetti).
Il secondo elemento – quello della flessibilità – ha permesso agli Stati di finanziare misure che non sono normalmente previste dalla politica di coesione europea: sostegno al reddito, capitale circolante nelle imprese, e tutto ciò che è stato necessario per rafforzare il sistema sanitario nazionale. Nello specifico, la possibilità di sostenere tramite il Fondo europeo di sviluppo regionale (FESR) i servizi sanitari e il capitale circolante delle PMI; la possibilità di sostenere tramite il Fondo sociale europeo (FSE) l’occupazione; l’estensione delle finalità del Fondo di solidarietà dell’Unione Europea (800 milioni per tutti gli Stati membri); una procedura semplificata di trasferimento di fondi tra ‘Priorità’ di un Programma Operativo ma anche, non ultimo per ordine di importanza, una reale quanto temporanea revisione del tema degli Aiuti di Stato. Stiracchiati e rivisti (come da articolo 107, paragrafo 3, lettera b del TFUE) per permettere a tutti i Paesi di aiutare l’economia reale limitando, al contempo, l’impatto negativo sulle condizioni di parità nel mercato unico. Aiuti in termini di sovvenzioni dirette, agevolazioni fiscali selettive e acconti; garanzie di Stato per prestiti bancari contratti dalle imprese; prestiti pubblici agevolati alle imprese; garanzie per le banche che veicolano gli aiuti di Stato all’economia reale o assicurazione del credito all’esportazione.
CRII+ – La seconda fase
Nel giro di altre due settimane l’impegno della Commissione non ha perso di forza, anzi ha assunto maggior vigore con una seconda tranche di aiuti e di flessibilità straordinari in soccorso degli Stati membri. Il CRII diventa CRII+ (Coronavirus Response Investment Initiative Plus) il 2 di aprile ed espande la sua potenza di fuoco prevedendo l’impiego dei fondi residui della dotazione del bilancio dell’UE disponibili per il 2020 (2.7 miliardi di Euro, 300 di questi al Programma RescEu), il cofinanziamento per il 100% dal bilancio dell’UE per l’attuazione dei programmi della politica di coesione, così come ulteriori possibilità di trasferimento sia tra Fondo europeo di sviluppo regionale (FESR), Fondo sociale europeo (FSE) e Fondo di coesione, sia tra categorie di regioni (fra regioni meno sviluppate, in transizione o più sviluppate). Dispensando gli Stati membri dai requisiti di concentrazione tematica, in modo da poter orientare le risorse verso i settori maggiormente colpiti dalla crisi da coronavirus. Con questa ulteriore deroga l’UE ha permesso ai propri Paesi di mobilitare tutte le risorse disponibili del FESR, del Fondo di coesione e del FSE per affrontare le sfide causate dalla pandemia da Covid-19. Gli Stati membri e le Regioni, in sostanza, hanno avuto la possibilità di riversare maggiori risorse nel potenziamento e nell’ampliamento dei regimi di riduzione dell’orario lavorativo, nel sostegno al capitale circolante delle PMI e nella spesa sanitaria immediata. E ancora, semplificazioni procedurali, flessibilità in chiusura di Programmazione, con un “eccesso di spesa” fino al 10%, e la modifica di ulteriori regolamenti quali: il Fondo di aiuti europei agli indigenti (FEAD) – per distribuire aiuti alimentari e fornire assistenza tramite buoni elettronici e fornire dispositivi di protezione – il Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca (FEAMP) – per rendere ammissibili spese a sostegno dei pescatori e acquacoltori – la Politica Agricola Comune (PAC) ed il Fondo Europeo per lo Sviluppo Rurale (FEASR) – per aumentare gli anticipi diretti agli agricoltori e i pagamenti per lo sviluppo rurale.
Insomma, una serie di misure, solo per parlare del CRII e del CRII+ (che però toccano numerosissime sfere economiche) che hanno dato e stanno garantendo una grossa mano ed in diversi settori a tutti gli Stati membri capaci, grazie alla provvisoria modifica del regime degli Aiuti di Stato all’attivazione della clausola generale di deroga al patto di stabilità e crescita passando per la riprogrammazione dei fondi UE, di rispondere in maniera adeguata alle sfide della pandemia ed alla profonda crisi sanitaria, economica e sociale che ha colpito, e che ancora sta colpendo, l’intero continente.