di Sara Ferrigno
“Lavoro agile” per il 50% dei dipendenti della Pubblica Amministrazione: lo conferma il decreto recentemente firmato dal ministro per la Pubblica Amministrazione Fabiana Dadone. Soglia, quella del 50%, che resta una raccomandazione per difetto, considerato che vengono comunque richieste “le percentuali più elevate possibili di lavoro agile”. Un obiettivo ambizioso che pone al centro del dibattito sulla riorganizzazione del lavoro pubblico due temi: l’organizzazione del lavoro e la qualità dello stesso.
Restando nel perimetro di ciò che è previsto dal Decreto, il ricorso al lavoro agile può avvenire – fino a fine anno – in modalità semplificata, ovvero senza che vi sia la necessità di un accordo scritto tra le parti che ne disciplini le modalità e i tempi, ma demandando al decreto stesso le principali modalità organizzative. È l’articolo 3 infatti, relativo per l’appunto alle modalità organizzative, il più corposo del decreto. Innanzitutto, individua nei Dirigenti (o in figure apicali e comunque con compiti di coordinamento) i responsabili dell’organizzazione degli uffici, cui spetta il compito di calendarizzare le presenze in ufficio su base giornaliera, settimanale o plurisettimanale, alternando quindi il lavoro agile con la presenza dei singoli lavoratori presso gli uffici. Il lavoro agile infatti, resta una via non esclusiva e a cui va affiancata, in ogni caso, lo svolgimento di attività di formazione, prevista per entrambe le forme di lavoro, e la cui organizzazione resta in capo al Dirigente. Il calendario degli uffici inoltre, dovrà tener conto, oltre alla rotazione e alle attività formative anche delle esigenze dei lavoratori definiti “fragili”, ovvero quei lavoratori con una comprovata condizione di rischio (in possesso di specifica certificazione medica) derivante da disabilità grave, immunodepressione, patologie oncologiche o dallo svolgimento di terapie salvavita. Oltre ad eventuali fattori di rischio, viene chiesto ai Dirigenti di tener conto di eventuali esigenze familiari legate a condizioni di salute, alla presenza di minori nel nucleo familiare, alla distanza tra il domicilio e la sede di lavoro e i relativi tempi di percorrenza ed eventuali mezzi di trasporto utilizzati.
Altro tema è quello dell’accesso alle tecnologie. Il comma 2 dell’articolo 3 prevede che “…le amministrazioni si adoperano per mettere a disposizione i dispositivi informatici e digitali ritenuti necessari” ma non ingessa il passaggio al lavoro digitale vincolandolo alle forniture informatiche di cui l’amministrazione pubblica potrà dotare i suoi dipendenti permettendo allo stesso tempo “…l’utilizzo di dispositivi in possesso del lavoratore qualora l’amministrazione non sia tempestivamente in grado di fornirne di propri”.
L’organizzazione dei lavoratori, l’alternanza tra il lavoro in presenza e il lavoro agile, le dotazioni tecnologiche e la necessità di garantire i servizi dovranno coniugarsi sulla base di un’attività tutt’altro che secondaria. Un altro passaggio fondamentale infatti, è quello previsto all’art.2 comma 3 del decreto e che riguarda la “mappatura delle attività”. Un onere e un’opportunità per la PA che dovrà effettuare una “ricognizione, […] strutturata e soggetta ad aggiornamento periodico, dei processi di lavoro che, in base alla dimensione organizzativa e funzionale, possono essere svolti con modalità agile”.