LinguisticaDall’antilingua di Calvino all’avviso di quarantena: sessant’anni di burocratese

Dall’antilingua di Calvino all’avviso di quarantena: sessant’anni di burocratese

di Luisa di Valvasone*

Il 3 febbraio 1965 Italo Calvino pubblicava su “Il Giorno” un pezzo memorabile a proposito dell’Antilingua, «l’italiano di chi non sa dire “ho fatto” ma deve dire “ho effettuato”».  Calvino fotografava così il burocratese a cento anni dall’Unità d’Italia, una lingua tendente all’astrattezza, alla vaghezza e all’oscurità semantica. Da allora sono stati fatti diversi passi avanti verso la semplificazione del linguaggio amministrativo-burocratico: dalle prime leggi degli anni Novanta in materia di trasparenza, ai manuali di stile rivolti ai redattori di testi amministrativi, passando per centinaia di monografie e ricerche di linguisti ed esperti del settore, fino agli accordi stipulati da alcuni ministeri con istituzioni come l’Accademia della Crusca. Tuttavia, la strada da percorrere verso una comunicazione pubblica chiara e semplice è ancora lunga, come dimostrano gli ultimi studi in materia e l’esperienza personale (sono certa che chiunque negli ultimi anni, mesi, si sia imbattuto almeno una volta in una bolletta, un avviso, un modulo, un’autocertificazione letteralmente indecifrabili). Di recente alcune vicende personali mi hanno portata a interfacciarmi con una comunicazione pubblica scritta dell’Azienda USL della Toscana. Si tratta di una prescrizione di quarantena domiciliare in seguito al contatto con un caso accertato di Covid-19, nel caso specifico con sospetta variante. Per chi non lo sapesse, almeno in Toscana, quando si è stati in contatto con un caso risultato positivo al tampone, riceviamo prima una telefonata da parte dell’Azienda sanitaria, e dopo una email (PEC) con allegato un file pdf contenente tutte le disposizioni in merito. Da linguista, mi è parsa un’ottima occasione per verificare lo stato attuale delle comunicazioni pubbliche in questi tempi bui. Premetto che l’analisi (molto approssimativa, per ovvi motivi) di un unico testo non rappresenta, neanche lontanamente, un corpus significativo, ma forse qualche spunto di riflessione potrà fornircelo. Perciò, veniamo al dunque.

Il documento è diviso in due parti. La prima pagina riporta la comunicazione ufficiale del contatto con il caso positivo e la conseguente prescrizione della quarantena. È introdotta dall’“oggetto”: “Misure profilattiche contro la diffusione della malattia infettiva COVID-19 – COMUNICAZIONE PRESCRIZIONE per rispetto misure di quarantena”; e già qui verrebbe da chiedersi quale sia la logica impiegata, da chi ha scritto il testo, nella selezione di ciò che è in grassetto e maiuscolo; non si capisce bene quale sia l’informazione principale, forse “misure di quarantena” sarebbe stata l’espressione da evidenziare e invece è l’unica a non essere messa in risalto. In generale, in tutto il testo l’uso del grassetto e del maiuscolo sembrano avere scarso criterio logico. L’impostazione è tipica dei testi legislativi e degli atti amministrativi più formali che comportano effetti giuridici (“viste le recenti disposizioni normative”, “preso atto che”, “si prescrive”), ma d’altra parte il primo foglio del documento è un provvedimento vincolante dove “il mancato rispetto delle prescrizioni impartite verrà sanzionato a norma di Legge”. Il punto è che l’informazione principale – la prescrizione della quarantena − è preceduta da informazioni secondarie, che rispecchiano una logica, ma che rendono assai più difficile per un lettore ignaro individuare e comprendere il vero contenuto del testo prima di un’attenta lettura. In parole povere, se non ci fosse la telefonata preventiva e chiarificatrice, potrebbe essere un problema.

La seconda pagina ha invece un minor grado di formalità e riporta l’elenco di raccomandazioni da osservare durante il periodo di quarantena, come lavarsi le mani e misurarsi la febbre. Certo va constatato che, così come è scritto l’intero documento, non è neanche chiarissima la differenza tra le attività vietate o permesse e le semplici raccomandazioni, cosa non da poco se si considerano conseguenze del “mancato rispetto”.

Venendo al lessico, nelle guide e nei manuali per la redazione di testi amministrativi, i linguisti insistono sull’impiego, quando possibile, di parole comuni, semplici, trasparenti: come scriveva Calvino “chi parla l’antilingua ha sempre paura di mostrare familiarità e interesse per le cose di cui parla”. Tutto sommato, il documento che ho davanti è abbastanza leggibile. Non mancano però aggettivi, congiunzioni, avverbi ridondanti (tempestivamente, medesimo, qualora) e parole difficili o antiquate (mutamento, suppellettili), facilmente sostituibili con sinonimi più frequenti nel nostro lessico comune. Ricordiamoci che non parliamo di un romanzo, il primo e fondamentale obiettivo della comunicazione pubblica è farsi capire, informare tutti. L’autoreferenzialità e la tendenza all’astrattezza tipiche del burocratese si ritrovano in formule cristallizzate (“sanzionato a termine di Legge”), nelle nominalizzazioni (“mantenimento dell’igiene delle mani” ovvero “tenere pulite, lavare le mani”) e in frasi come “nell’eventualità di un aggravamento delle condizioni cliniche” (cioè “nel caso peggiorassero le condizioni di salute”). Ammetto che alla lettura di “si potrà riprendere la frequenza delle collettività senza alcuna comunicazione da parte del Igiene Pubblica e della Nutrizione ecc.” − per giunta a conclusione di un periodo lunghissimo e arzigogolato −, ho sentito un piccolo tuffo al cuore. Calvino parlava di «terrore semantico», ovvero «la fuga di fronte a ogni vocabolo che abbia di per se stesso un significato». Ho contato solo tre refusi e un errore di punteggiatura: è una cosa positiva? Non lo è, ma poteva andare peggio. Nel complesso, tuttavia, si poteva certamente fare di più. Il testo è leggibile, almeno per chi ha un livello medio d’istruzione. Se però ci fosse bisogno di ricordarlo: tutti potrebbero dover ricevere una comunicazione del genere, dal professore di lettere all’analfabeta, fino all’immigrato che conosce poco l’italiano; e tutti, in casi come questo, hanno il diritto di capire.

*Linguista

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