di Valeria Mucerino
Secondo l’Osservatorio eCommerce B2C – Netcomm del Politecnico di Milano, Io scorso anno il settore del food delivery ha raggiunto un fatturato di 566 milioni di euro, con crescita del 56% rispetto all’anno precedente, con un trend in crescita che, secondo Just Eat, uno dei colossi del settore, potrebbe raggiungere un miliardo di euro entro il 2024.
Sono gli effetti della pandemia sulle nostre abitudini, anche alimentari. Con ristoranti e pizzerie chiusi al pubblico per mesi e mesi, a causa di lockdown e restrizioni, gli italiani hanno spesso scelto di farsi recapitare a domicilio pranzi e cene, contribuendo a dare una boccata di respiro ad un settore, quello della ristorazione, tra i più colpiti dalla situazione epidemiologica.
Si calcola che circa un acquisto su quattro dell’intero settore del commercio online in Italia riguardi il cibo a domicilio e, anche senza conoscere le statistiche, si tratta di un dato rilevabile a vista. Basta fare caso, infatti, ai tanti rider che, in sella a biciclette e scooter, sfrecciano per le nostre città con in spalla i loro grandi contenitori per il cibo.
Il loro lavoro è stato spesso al centro di polemiche e rivendicazioni per le condizioni spesso vessatorie alle quali sono sottoposte. Gli ultimi interventi legislativi e della magistratura stanno contribuendo a fare un po’ d’ordine nel settore, nella speranza che i lavoratori possano essere sempre più tutelati, ma sembra innegabile che il delivery, entrato prepotentemente nelle nostre vite in questi mesi, sia destinato a restarvi.
Può essere utile, allora, dare uno sguardo ai servizi disponibili che, con l’andare del tempo, si sono diffusi e differenziati. Se, infatti, più o meno tutti conosciamo e abbiamo utilizzato i servizi più conosciuti, come Just Eat, Uber Eats e Glovo, sui quali c’è davvero poco da scoprire, esistono altre realtà sempre più intraprendenti, alcune delle quali made in Campania.
Uno dei limiti dei colossi del delivery è quello di coprire soprattutto le grandi città e le zone densamente popolate. Ma anche in provincia e nelle piccole città c’è voglia di cibo a domicilio. A colmare la lacuna ci hanno pensato Carmine Iodice, Domenico Pascarella e Armando Cipriani che, nel novembre del 2016, hanno fondato a Caserta, Alfonsino, servizio di ordinazione a domicilio pensato proprio per le piccole città. Da allora il servizio è cresciuto ed è attivo in oltre 300 comuni italiani distribuiti in 8 regioni italiane con oltre 950 ristoranti partner, 800 rider assunti e 250mila clienti attivi sulla piattaforma, da Aversa a Battipaglia, da Maddaloni a Nocera Inferiore, per arrivare in Toscana, Umbria, Puglia, Calabria ed Emilia-Romagna.
Durante la pandemia i ragazzi di Alfonsino hanno deciso di estendere il loro settore di attività anche a quello dei tamponi. Nei piccoli comuni, infatti, spesso anche recarsi presso un laboratorio di analisi per effettuare un tampone o un test sierologico può risultare complicato. Dall’app, invece, è semplice come ordinare un panino ed il servizio ha riscosso un ottimo successo. Da sottolineare anche l’approccio alla questione del lavoro. Alfonsino ha assunto tutti i rider che lavorano per la piattaforma e Antonio Pascarella ha spiegato che si tratta di “Una scelta in controtendenza, quella di assumere i rider, fortemente voluta per dare al servizio una forte caratterizzazione di ‘familiarità’ umanizzando il rapporto tra il rider e il cliente. Tutti i nostri rider hanno regolare contratto e contributi pagati, ricevono un fisso per il turno coperto più una retribuzione per ogni consegna effettuata”.
A Cimitile, invece, ha visto i natali Consegnam, servizio di delivery che si sta diffondendo rapidamente in Campania e che copre già una sessantina di cittadine. A Napoli è nata Jafood, specializzata in cibo “stellato” ed attiva a Napoli, Pozzuoli, Ischia e nella zona dei Campi Flegrei, a dimostrazione del fatto che il delivery è un concetto applicabile anche al cibo di elevatissima qualità.
Ad Eboli, Acciaroli, Capaccio e Battipaglia, infine, è attivo Selefood (che prende il nome dalla Piana del Sele) e riesce a portare cibo a domicilio anche in zone insospettabili per la bassa densità abitativa. Per chi è sensibile alla tematica dello spreco alimentare, c’è il servizio Too Good To Go (troppo buono per essere buttato).
Attraverso l’app è possibile acquistare dalle attività che aderiscono delle box contenenti prodotti invenduti a prezzi ultra-scontati. L’app, ideata in Danimarca, ha scalato rapidamente le classifiche di popolarità. Inizialmente il servizio era attivo in pochissime città italiane, ma in poco più di un anno sono diventate circa 700 e alla fine del 2020 ha superato il traguardo del milione di box distribuite.
Acquistare tramite Too Good To Go significa, allo stesso tempo, risparmiare e contribuire ad evitare che tonnellate e tonnellate di cibo vengano buttate via ogni giorno. Un buon modo per unire una buona causa all’attenzione per le proprie tasche.
Se, infine, si preferisce puntare sul biologico e sul cibo a km zero, va segnalato Bio C’è, bottega con sede fisica al Vomero a Napoli, che garantisce di portare ogni giorno verdure bio di fresco raccolto dalle mani degli agricoltori al negozio e a casa degli acquirenti in poche ore e pochi km. Sul sito è possibile ordinare in base al raccolto del giorno, c’è solo l’imbarazzo della scelta.
Insomma, con soluzioni per tutti i gusti, le tasche ed i palati, con un occhio alla qualità e uno al risparmio, senza tralasciare la sicurezza e il benessere dei lavoratori, il delivery sembra essere sempre di più la soluzione ideale per chi ogni tanto non ha tempo di cucinare o di fare la spesa o, semplicemente, vuole gustare qualche manicaretto non semplice da preparare.