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Ceresa, Ceo di Randstad Italia: “Scegliere di restare, senza essere costretti a cercare lavoro altrove”

di Salvatore Parente

Il Ceo Group Chief Executive Officer di Randstad Italia, Marco Ceresa, ci spiega nel dettaglio il progetto Aliano e come, anche grazie alla recente accelerazione del fenomeno della transizione digitale, il lavoro stia cambiando e si stia evolvendo negli ultimi, difficili mesi di pandemia e flessibilità forzata. La valorizzazione dei territori, le misure per la riduzione della talent scarcity, la delocalizzazione dei servizi alle imprese sono tutti temi presenti in questo innovativo progetto, che è solo il primo esperimento di una possibile lunga serie per la multinazionale olandese specializzata in ricerca, selezione e formazione di risorse umane.

Dott. Ceresa, come nasce l’idea, per una multinazionale delle dimensioni di Randstad, di aprire un ufficio in Basilicata, in una cittadina di pochi abitanti come Aliano. Borgo ricordato soprattutto per aver ospitato Carlo Levi nel corso del suo confino nel 1935 e per esser stato il luogo di ambientazione del suo celebre romanzo Cristo si è fermato ad Eboli?
“Siamo convinti di possedere un patrimonio inestimabile che è il nostro territorio, ricco di tradizioni, legate all’arte e alla storia ma anche alla cultura del lavoro e della produzione. A partire da questo presupposto e con la trasformazione delle modalità organizzative indotte dalla pandemia, che ci ha reso tutti più flessibili, abbiamo pensato di mettere in pratica un nostro principio fondamentale: dare vita al connubio tra business e valore, rispettare le persone, le loro competenze ma anche il loro stile di vita. Nel nostro piccolo siamo partiti da Aliano e abbiamo dato a due giovani colleghi la possibilità di scegliere di restare, senza essere costretti a cercare lavoro in tessuti economicamente più produttivi”.

Valorizzazione del territorio, delle competenze locali e sostegno del tessuto economico di contesti quasi (o del tutto) tagliati fuori dalle grandi realtà produttive/industriali. Una impresa appena agli inizi ma di grande interesse. Avete intenzione di replicare, ampliare e sviluppare questo progetto in altre aree del Mezzogiorno?
“Aliano è partito come progetto pilota ancora prima che il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza fosse varato. Ad oggi anche il PNRR dà ragione della nostra scelta, venendo quindi anche incontro a volontà istituzionali contiamo di replicare al più presto in altre zone d’Italia”.

A proposito di PNRR, al suo interno, c’è una forte spinta verso la transizione digitale. Come, quest’ultima, può riscattare territori che da anni soffrono problemi di erosione del tessuto sociale, spopolamento ed emigrazione?
“Sicuramente – prosegue il Dott. Ceresa – dotando il territorio di infrastrutture che ne possano permettere lo sviluppo. Il grande asset sul quale possiamo contare in questo senso è, oggi, la possibilità di delocalizzare il lavoro – possibilità solo teorica fino a qualche tempo fa. Ma perché questo avvenga devono essere garantite le condizioni tecnologiche, la velocità di connessione che deve stare al passo con la tecnologia, ma questo vale per i grandi come per i piccoli centri”.

Si parla spesso di talent scarcity e di mancanza di competenze, Randstad si propone, invece, di pescare nel ricco territorio della “provincia” italiana. Quanta competenza c’è e come un ufficio di una grande multinazionale, può contribuire a sviluppare l’intera area in termini economici e soprattutto di capacity building?
“Noi ci occupiamo di lavoro in tutte le sue forme, dal lavoro determinato alla somministrazione, dai tirocini all’indeterminato e in tutti i settori e a tutti i livelli. “Peschiamo” già nel ricco territorio italiano ma, soprattutto ora, non basta. Molti profili mancano all’appello, dalle professioni più specializzate come quelle legate all’ICT fino agli autotrasportatori, che sono sempre più rari e sempre più ricercati. Noi rispondiamo dando vita ad Academy dedicate e a percorsi di formazione mirati e trasversali. Al momento è la risposta più concreta e produttiva alla talent scarcity: se il mercato non trova le risorse, bisogna formarle. Questo vale per tutto il territorio, dalla grande città ai piccoli centri”.

Annullare il paradigma centro-periferia, e non solo in termini economico-finanziari, ma anche di lavoro, opportunità o benessere sociale. Delocalizzare servizi in aree differenti da quelle urbane può essere la strada che si apre da qui ai prossimi anni?
“Penso – conclude il Ceo di Randstad – che si andrà sempre di più verso forme di lavoro ibride, che vedranno stabilizzarsi anche le dinamiche legate allo smart working. Penso che il processo non sia ancora compiuto ma che si vada certamente incontro al concetto di delocalizzazione”.

 

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