di Maria Laura Esposito e Marcella de Luca Tupputi Schinosa
La crisi ha rappresentato una prova difficile, durante la quale, però, è anche emersa una straordinaria – addirittura inaspettata – capacità di coesione, frutto in particolare del lavoro assiduo di Enti e Amministratori locali. L’Assemblea Annuale Anci è stata l’occasione non solo per rivendicare il ruolo svolto nella gestione delle drammatiche fasi dei mesi scorsi, ma anche per candidare i Comuni e le Città a svolgere un ruolo strategico nella fase di ripartenza del Paese. Il PNRR, in particolare, quale occasione di rilancio, strumento per affrontare il cambiamento, per riequilibrare i divari – ad esempio, tra realtà urbane e “aree interne” – oltre che per valorizzare risorse da tempo esposte al declino.
La mole di risorse in ballo – che per certi versi spaventa, – è, però, uno straordinario punto di partenza: 192,5 miliardi di euro europei, cui si sommano i 30,6 miliardi del Fondo complementare, finanziato con risorse nazionali.
In una sfida tanto importante, il ruolo degli Enti Locali non potrà che essere centrale, ancor più se si pensa che secondo l’analisi dell’Ufficio parlamentare di bilancio (Upb), gran parte degli obiettivi del Piano saranno fortemente ancorati ai territori: dalla digitalizzazione, alle energie rinnovabili, gli investimenti sul sociale oltre che la riforma della Pubblica Amministrazione e le semplificazioni in materia di appalti. Nel concreto, si stima che gli enti locali saranno chiamati a gestire un importo compreso tra i 66 e i 71 miliardi di euro. Si tratta di un valore percentuale compreso tra il 34,7% e il 36,9% dei fondi destinati all’Italia nell’ambito del Recovery and resilience facility; pertanto, non c’è aspetto del PNRR che non investirà, in maniera più o meno diretta, le amministrazioni comunali.
Il coordinamento tra lo Stato centrale e l’attività degli organi periferici sarà assicurato dalla Cabina di Regia – appositamente creata per la gestione del PNRR e guidata direttamente dal Presidente del Consiglio dei Ministri – al cui interno sarà presente anche una rappresentanza della Conferenza Stato-Regioni e della Conferenza unificata. Gli Enti locali, dal canto loro, saranno coinvolti in ciascuna delle 6 missioni del Piano, ma i flussi finanziari principali riguarderanno le missioni 2, 5 e 6: rispettivamente, transizione ecologica (investimenti stimati tra i 18 e i 18,7 miliardi di euro), inclusione e coesione sociale (16,9 – 18,7 miliardi di euro) e salute (14,7 miliardi di euro).
Grazie all’analisi dell’Upb è possibile, inoltre, riscontrare i flussi finanziari che coinvolgeranno gli Enti locali ancora più in profondità, fino al livello delle singole componenti. In particolare, per quanto riguarda la componente “Infrastrutture sociali, famiglie e terzo settore” circa il 93,8% delle risorse dedicate a questa voce (10,53 miliardi di euro) si stima saranno in capo alle Amministrazioni locali. Un’altra componente significativa è quella relativa al “Potenziamento dell’offerta di servizi di istruzione”. In questo caso i flussi finanziari che saranno gestiti dagli Enti locali sono stimati in 9,8 miliardi di euro, pari al 50,2% delle risorse complessivamente allocate. Una terza voce importante riguarda la tutela del territorio e delle risorse idriche. In questo caso le risorse che saranno intermediate dagli Enti locali ammontano a 8,4 miliardi, pari al 55,6% delle risorse complessive.
È pur vero che nell’esercizio di tale ruolo centrale, gli Enti coinvolti nell’attuazione del PNRR si troveranno ad affrontare alcuni ostacoli effettivi, primo tra questi il fattore tempo. I fondi dovranno essere impegnati entro la fine del 2023 e si dovrà iniziare a spendere entro il 2024, per potenziarne l’effetto anticiclico, mentre gli interventi e gli investimenti dovranno concludersi entro la fine di marzo del 2026.
Questo cronoprogramma, con scadenze così stringenti, appare lontano da quelli che sono gli standard del nostro Paese in termini di capacità di spesa dei fondi comunitari ed il timore è che l’Italia non riesca a rispettare le tempistiche lasciandosi così sfuggire questa irripetibile opportunità.
C’è, inoltre, da sottolineare che la stessa relazione dell’Ufficio parlamentare di bilancio ha evidenziato un sostanziale ostacolo nella gestione diretta dei fondi da parte dei Comuni: le scarse risorse umane a disposizione, assolutamente insufficienti, sia sotto il profilo quantitativo, quanto soprattutto sotto quello qualitativo, a fare fronte all’incremento di lavoro che si prospetta. Basti pensare che oltre 5mila dei quasi 8mila comuni italiani, contano meno di 5.000 abitanti e che, negli ultimi 10 anni, complici i vincoli imposti per anni dalla spending review, gli enti locali hanno perso circa 115.000 unità di personale, pari a più del 20% del totale.
È questo uno dei motivi per cui l’articolo 12 del Dl 77/2021 prevede che il governo possa esercitare dei “poteri sostitutivi” nel caso in cui gli Enti locali nel loro ruolo di soggetti attuatori non riescano a rispettare i tempi previsti. Infatti, nel caso in cui siano riscontrate delle difformità nella realizzazione dei progetti rispetto a quanto presentato, sarà il governo ad intervenire nell’attuazione sostituendosi agli Enti locali inadempienti, determinando in tal modo una forte concentrazione, a livello centrale, nella gestione delle risorse. Tuttavia, è impensabile che questa possa essere considerata una soluzione o, men che meno, un orizzonte strategico che, viceversa, dovrà essere il vero salto di qualità della macchina amministrativa degli Enti locali.
Nell’assetto di Govenance del PNRR è previsto che alcuni interventi dovranno essere attuati da soggetti diversi dalle Amministrazioni centrali e tra i possibili Soggetti attuatori sono previsti anche gli Enti Locali che, come tali, saranno chiamati a provvedere alla realizzazione operativa degli interventi (art. 9 del DL 77/2021). In particolare, rientrerebbero nelle responsabilità degli Enti attuatori:
- l’Avvio delle attività di progetto una volta finanziato;
- l’individuazione attraverso specifiche procedure di selezione dell’impresa per l’esecuzione dei lavori, dei fornitori, dei professionisti ecc. (ruolo di stazione appaltante);
- l’avanzamento finanziario, fisico e procedurale delle attività di progetto;
- il raggiungimento di eventuali milestone e target di competenza;
- la predisposizione di apposite domande di rimborso/rendicontazione all’Amministrazione responsabile;
- il monitoraggio costante del progetto e dei relativi avanzamenti;
- i controlli ordinari amministrativi e contabili (incluso il DNSH e tagging ove pertinenti);
- il rispetto delle tempistiche fissate dal PNRR per la chiusura degli interventi.
Compito del Soggetto attuatore sarà anche quello di registrare i dati di avanzamento finanziario nel sistema informatico dell’Amministrazione responsabile implementando lo stesso con la documentazione relativa a ciascuna procedura di affidamento e a ciascun atto giustificativo di spesa e di pagamento consentendo all’Amministrazione responsabile l’espletamento dei controlli amministrativo-contabili a norma dell’art. 22 del Regolamento UE n. 241/2021 (Recovery and Resilience Facility).
Come più volte ribadito dal Ministro alla PA Renato Brunetta, affinché i Comuni possano gestire queste funzioni di gestione nell’ambito del PNRR, è necessaria una profonda riforma delle Pubbliche Amministrazioni, in particolare attraverso una maggiore valorizzazione delle competenze. Infatti, la carenza di personale potrà essere superata solo in parte dai nuovi ingressi attesi negli organici degli enti pubblici italiani, ma è difficile immaginare che le nuove leve possano gestire i compiti complessi legati ai programmi europei in autonomia e senza avere un adeguato bagaglio esperienziale. Il mancato ricambio del personale, negli ultimi decenni, non solo ha determinato un progressivo svuotamento degli uffici, ma ha anche fatto sì che sia mancato quell’affiancamento prolungato tra dipendenti “senior” e “junior” che avrebbe consentito una progressiva formazione sul campo delle nuove risorse umane.
Per sopperire a queste criticità, sarà fondamentale che gli Enti locali si dimostrino capaci di unire le forze, muovendo sempre più verso forme di progettazione condivisa. Convenzioni e collaborazione tra uffici ed enti, possono essere un modo per far sì che anche i territori più periferici, fatti di piccoli centri, non restino fuori dalla partita del PNRR. Tuttavia, appare tutt’altro che scontato che in questo modo si possa davvero andare oltre i limiti e le carenze che sono uno sforzo come la spesa delle risorse europee richiede. Di fronte a questa evidenza, viene da chiedersi se – in questa fase di riforme dell’assetto socio-economico del Paese – non sia il caso di dare senso nuovo all’assetto istituzionale, rilanciando il principio di sussidiarietà e lo spirito dell’art. 117 della Costituzione e investendo nelle capacità delle Regioni a supporto delle Amministrazioni centrali nella gestione dei “poteri sostitutivi” e nel sostegno agli Enti locali nell’impegno amministrativo che il Piano richiede.