EconomiaPolitica di coesioneIl ruolo delle città medie e il post pandemia

Il ruolo delle città medie e il post pandemia

di Felice Fasolino

Le città, specie quelle medie, per svolgere il ruolo di attrattore strategico rispetto ai propri abitanti, al territorio circostante e all’ambito socioeconomico territoriale di riferimento, devono sviluppare reti di relazioni, svolgere ruoli ed esercitare influenza ad una scala più ampia della dimensione municipale.

Questa consapevolezza è oggi diffusa e radicata, ma si scontra con una cultura, non solo politica, ancora localista per la quale la visione è amministrativa e le politiche urbane sono confinate al comune. Ma anche in questa dimensione autoreferenziale e limitativa dove, per utilizzare un approccio economico, la città diventa il fulcro che determina uno scambio tra rendita finanziaria e rendita immobiliare e non sempre l’esito di questi processi è stato appagante sul versante del patrimonio territoriale.

Fino alle ultime pesanti fasi di crisi prima a matrice economico finanziaria della fine del primo decennio del millennio e poi con la crisi pandemica, le città e le scelte di governo del territorio si sono adeguate agli impulsi che hanno affermato una concezione “consumista” con dinamiche, spesso, scadute in una deformazione territoriale e antropica che hanno creato separazioni di segmenti di città in competizione tra loro. A questa fase si può reagire dando maggior peso ad un approccio di mitigazione della contemperazione degli interessi di accompagnamento allo sviluppo che, anche in Italia, ha permesso di riscoprire i piccoli e medi centri dell’industrializzazione diffusa e della socialità, valorizzando il ruolo funzionale delle città all’interno di sistemi territoriali policentrici e  trovando momenti di identificazione collettiva nel patrimonio storico come principio di memoria e appartenenza, anche come contraltare al gigantismo (in verità comunque contenuto) delle metropoli.

Negli ultimi lustri questa stagione concertativa o di pianificazione ispirata a logiche di tenuta sociale si è dissolta in favore di una visione più apertamente “consumistica” o che ha teso a valutare anche i temi della pianificazione e dello sviluppo territoriale delle città o dei territori in termini meramente quantitativi di perequazione o sperequazione del territorio. I peggiori risultati di questo approccio sono stati una urbanizzazione disordinata e una deregolamentazione che molte volte ha trascurato la vivibilità per privilegiare il consumo di suolo che ha privilegiato una logica commerciale trattando il bene territorio e l’idea di vivibilità come bene di consumo che fosse l’apparente attrattività della città che ha messo in evidenza dei luoghi simbolo e trascurato le aree di margine in cui si sono accentuate le contraddizioni e le frammentazioni che sono esplose nelle fasi di crisi.

In molte analisi si evidenzia come l’idea di vita pubblica diventa marginale, si perde il significato di relazioni sociali che non siano legate ai momenti del consumo entro i suoi contenitori. Si perdono i legami che avevano arricchito i sistemi locali e sulla cui forza aggregante si sostanziava la territorialità ed emerge la crisi della decisionalità politica che oscilla tra consapevolezza dei problemi, retorica delle dichiarazioni programmatiche e anche legittimazione di una visione più consumistica del bene territorio.

Ciò si è tradotto in un approccio del governo del territorio che difetta di una visione più vasta, comprensoriale, maggiormente trasversale e articolata che potesse guardare e agire nella dimensione urbana cogliendone la portata sociale, l’indirizzo e il controllo delle trasformazioni.

L’Italia delle città accumula ritardi nell’affrontare il tema città nella sua complessività, lasciando spazio solo a politiche trasversali che, nel migliore dei casi, intercettano variabili strutturali delle dinamiche di vivibilità urbana. Lo scollegamento delle politiche dal territorio è stato acuito nella fase pandemica dove l’esigenza di prossimità tra cittadini e servizi socio assistenziali ha determinato una riscoperta dell’esigenza di una forma di contiguità territoriale per molti servizi.

Quindi, se da un lato le tecnologie hanno permesso relazioni su molti livelli, dall’altro si è riscoperta un’esigenza di contesto di riferimento per la collettività con servizi di supporto sanitario, sociale, o di altra natura che necessitano di una rivalorizzazione della dimensione locale. Si consolida l’esigenza di rafforzare un sistema di servizi e più in generale una rete sociale e politiche urbane e di comprensorio che tengano conto di nuovi servizi e di infrastrutture tecnologiche, ma anche una rimodellazione di servizi di contiguità di vicinanza di presenza che rafforzano una dimensione territoriale più presente ed una coscienza di collettività e di gruppo sociale più forte.

Da questi spunti può riprendere la riflessione e l’azione sul modello di sviluppo che, a partire dal ruolo dei sistemi urbani, si traduca in nuovi asset sull’organizzazione territoriale, sulla governance locale, su una nuova stagione di politiche urbane. La pianificazione del territorio è una dimensione che implica una più matura consapevolezza della territorialità eco sistemica come patrimonio comune da preservare e manutenere. Le città sono chiamate a recuperare la propria dimensione pubblica per la platea antropica che le popola per la quale la dimensione urbana rimane riferimento funzionale. Le politiche di governo del territorio devono arricchirsi e rendersi complementari tra dimensioni paesaggistiche, urbanistiche, architettoniche, ma anche di governo dello sviluppo, di rafforzamento della capacità amministrativa, di nuovi modelli di governance e di modelli di offerta di servizi in grado di rendere adeguata l’offerta di “vivibilità” del territorio in cui la complessità territoriale deve diventare visione strategica e la cittadinanza la sfera delle pratiche di governo. Rispetto a tali obiettivi l’insieme di metodologie e strumenti che hanno caratterizzato la stagione della programmazione negoziata, che per prima ha provato un approccio sistemico e multiattoriale che si caratterizza per la loro orizzontalità, che coinvolge un elevato numero di attori rispondendo alla logica dello sviluppo endogeno, possa essere una base più che solida su cui impostare simili strategie.

In tal senso le esperienze di governance realizzate  nell’utilizzo dei fondi strutturali, con tutto il portato di meccanismi di programmazione, attuazione, rendicontazione e monitoraggio, sono sicuramente un patrimonio acquisito, che in alcuni casi però rischia di disperdersi, perché non adeguatamente valorizzato, ovvero perché non trova continuità e linfa anche nelle fasi di ricambio generazionale degli attori della governance e nelle strutture tecniche e amministrative di attuazione dei programmi. Il superamento della concezione di territorio da spazio statico ad insieme di relazioni ed interazioni come esito di un processo di territorializzazione, porta ad un passaggio che è quello dalla pianificazione fisica dello spazio alla progettazione del territorio. Quindi la sfida di una governance più evoluta che si affianca alla sfida dell’utilizzo delle risorse destinate a superare queste fasi di crisi. Il nuovo ciclo di programmazione dei fondi comunitari e la sfida del PNRR sono ambiti in cui può definirsi un definitivo cambio di assetto dei modelli di governance che raccolgano le complessità e rendano fattori acquisiti il know-how, le competenze e anche i modelli e gli strumenti di programmazione, attuazione e gestione di risorse direttamente e indirettamente impattanti sullo sviluppo dei contesti territoriali e urbani e sulle politiche di governo del territorio. La prima dimensione che impatta sulle politiche urbane è quella green, con l’obiettivo di rendere meno inquinanti e più salubri le città. In questa linea sono comprese azioni per la riduzione dell’inquinamento dell’aria, lo sviluppo di modelli urbani in grado di coniugare la dimensione smart e quella ecologica. la salvaguardia della qualità dell’aria, anche mediante la tutela di aree verdi. I collegamenti più rilevanti tra politiche urbane e PNRR sono nella missione 5.2, dedicata a infrastrutture sociali, famiglia, comunità e terzo settore.

Interventi quali i piani urbani integrati, con lo scopo di trasformare queste aree delle città in realtà più smart e sostenibili dal punto di vista ecologico e sociale, sembrano ricongiungersi alle azioni messe in campo con il ciclo di programmazione in fase di completamento e per esempio in Campania con I Programmi Integrati Città Sostenibili cofinanziati con l’Asse 10 del POR FESR Campania e destinati alle 19 città medie che già dal precedente periodo di programmazione sono destinatari di una delega di funzioni per la selezione e attuazione dei progetti inseriti nei programmi integrati ed individuati quali Organismi Intermedi dotati di un ufficio dedicato e di una struttura adeguata alla gestione di programmi complessi.

Come accennato, in tale nuovo paradigma, le finalità di intervento urbanistico si costruiscono non solo con i beneficiari delle azioni, ma con il coinvolgimento stabile e strutturato di quei soggetti del terzo settore o degli altri attori economici presenti su territori e attivi con le comunità. Una sfida, tanto dal lato della pianificazione urbanistica, le cui tecnicalità si devono aprire ancora di più a istanze del sociale, quanto nella prospettiva di un sistema di attori locali che deve rendersi protagonista, dopo le sfide socio-sanitarie della stagione della pandemia, della fase di pianificazione delle città del futuro, in occasione della ripresa socio-economica. Quindi una condizione in realizzare i nuovi spazi delle città del futuro mettendo in comune risorse e competenze e utilizzare le risorse per la creazione di contesti urbani orientati alla sostenibilità, ecologica, digitale, economica e sociale, di città e cittadini che segni la transizione da una concezione prevalentemente urbanistica ad una dimensione orientata a politiche più vaste di tenuta urbana fisica economica sociale. Politiche e governance multilivello e multisettoriali che tengano viva l’identità dei luoghi ma si aprano alle contaminazioni e alla contiguità perché “due più due non faccia solo quattro”.

*Resp AT Sviluppo Urbano IFEL Campania

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