di Maria Laura Esposito e Rosario Salvatore
La 38ma Assemblea Anci ha segnato un momento importante di ritorno a una qualche forma di nuova “normalità”. I numeri – oltre 12.000 presenze e 200 stand, 50 convegni e workshop tematici – sono la testimonianza viva del ruolo che Sindaci e Amministratori locali hanno intenzione di svolgere nell’Italia che vuole tornare a correre dopo il dramma della pandemia. “Rinasce l’Italia. I Comuni al centro della nuova stagione”: fin dal titolo si percepisce il senso di una fase nuova che si apre per un Paese completamente assorbito e proiettato verso la sfida del PNRR, e del ruolo che i Comuni intendono giocare. E non è un caso che, per quanto il 2021 segni anche la data di inizio della nuova programmazione dei fondi strutturali, proprio questo tema sia stato il grande assente dal dibattito sui tavoli dell’Assemblea.
Un ruolo da protagonisti per i Comuni e le Città – non da comprimari o comparse – tanto più alla luce della straordinaria dimostrazione di unità e di senso civico dimostrati sia durante la fase più acuta e drammatica della pandemia, che nel contributo offerto allo sforzo per la campagna vaccinale.
Un contributo riconosciuto negli interventi delle massime cariche dello Stato, a cominciare dal Presidente Mattarella che ha elogiato “la dedizione quotidiana dei sindaci” e delle istituzioni comunali, capaci di fornire, anche nei momenti più bui, “risposte a persone e imprese, a famiglie e ad attività economiche in affanno”. Una solidarietà che è, insieme, “un valore civile di primaria grandezza” e “una forza essenziale per progredire”. Un grande esercizio di vita democratica, perché se si indebolisce nella vita dei Comuni ne risente l’intera società. Ma anche una straordinaria dimostrazione che il nostro Paese ha saputo rendere le sue tradizioni municipali in fattore di coesione e di responsabilità verso l’intera comunità.
Analogamente, il Presidente Draghi ha rimarcato la capacità dei Sindaci di tenere unite le comunità, senza mai far venir meno servizi ai cittadini, “con senso civico unito a pragmatismo” e alzando una barriera ai rischi di estremismo e violenza e valorizzando il dialogo per la difesa della democrazia. Non da ultimo, come ha con orgoglio rivendicato il Presidente De Caro, “stando in prima linea nella campagna vaccinale”, ad esempio concorrendo a trasformare, in pochissimo tempo, le strutture più disparate in hub vaccinali permanenti, assumendosi appieno l’onere di rappresentare lo Stato sui territori.
Riconoscimenti e attestati di stima che – nell’Italia e nell’Europa che si trovano di fronte a un processo di cambiamento senza precedenti – trovano nel PNRR un’occasione significativa, un punto di svolta e, insieme, un banco di prova per mettere i Comuni davvero al servizio e nelle condizioni di “riprogettare il Paese”: una sfida difficile, che impone di “ripensare modelli di vita, distribuzione e accesso ai servizi”, ancor più dopo anni di crisi finanziaria e di “riaggiustamenti” della finanza pubblica che si sono scaricati sugli Enti locali prima e più che su altri, inducendo una visibile contrazione sia di servizi pubblici essenziali, che, come vedremo, di dotazioni e competenze amministrative.
Oggi si apre una nuova fase per l’Italia e per i suoi quasi 8.000 Comuni: circa 50 miliardi di euro del PNRR, per transizione digitale ed ecologica, per cultura ed edilizia pubblica, per asili nido e sostegno alle fasce più vulnerabili. Tuttavia, non tutti i Comuni sono attrezzati allo stesso modo e si corre il rischio di dividere ulteriormente il Paese tra chi “ce la fa” e chi “non ce la fa”. Non è sufficiente, infatti, aver semplificato le procedure o accorciato i tempi di realizzazione, per quanto questo abbia rappresentato un indubbio passo nella giusta direzione, anche se troppo limitato e circoscritto ai soli investimenti del PNRR. Una fase “enormemente” nuova, il cui successo non potrà che essere condizionato almeno da tre fattori, esemplificabili in “3R”.
- Risorse. Per spendere velocemente le risorse destinate alla ripresa – è stata la richiesta dell’ANCI – occorre, anzitutto, trovare il coraggio di mettere a disposizione del Comuni finanziamenti “non intermediati”, riducendo al minimo i passaggi burocratici per la loro erogazione. Non a caso, è stato rimarcato, “lo snodo più delicato del PNRR oggi è rappresentato proprio dalla strada che i fondi dovranno percorrere prima di arrivare ai Comuni”. Sotto questo punto di vista, le richieste dei Comuni sono state esplicite e chiare: assegnazione automatica di un contributo ai Comuni, sulla base di indicatori coerenti con gli investimenti da realizzare; rifinanziare programmi già attivi, autorizzando lo scorrimento delle graduatorie; finanziare “a sportello” programmi nazionali (asili nido, forestazione urbana, riqualificazione borghi, collegamento aree interne, impiantistica rifiuti).
- Responsabilità. In tema di responsabilità degli amministratori locali – sul quale lo stesso Presidente Mattarella ha voluto ricordare le proposte di legge attualmente al vaglio del Parlamento – la richiesta è stata quella di lavorare a un “antidoto” efficace alla paura della firma e della burocrazia difensiva. Perché – come ha sottolineato il Presidente De Caro – se un Sindaco ha paura di firmare “un atto che serve a costruire una scuola, ad autorizzare un concerto, a piantare mille alberi in un parco, non è lui che perde. È il Paese che perde. E con il Paese, tutti i suoi cittadini”. Da qui la richiesta di individuare, in maniera più netta, i margini delle responsabilità dei Sindaci, non intesa come mero allargamento dei confini di impunità, ma come garanzia di agibilità tecnica ed amministrativa, per arrivare prima e in maniera più incisiva a soddisfare i bisogni dei cittadini.
- Rafforzamento. Allo stesso modo, per rafforzare in maniera organica le capacità delle amministrazioni locali, non potranno essere sufficienti le risorse per l’assistenza tecnica o gli esperti messi a disposizione per la realizzazione degli investimenti del PNRR. Non saranno sufficienti perché le Amministrazioni locali e i Comuni, in maniera particolare, scontano una carenza di personale endemica che, con gli anni, è diventata vera e propria emergenza a causa dei tagli e del blocco del turnover: 361.745 dipendenti nel 2019, a dispetto dei 479.233 del 2007, 117.500 unità di personale in meno, che significa aver perso un dipendente su quattro, come ha ricordato anche Svimez. Il reclutamento straordinario deve, per questo, riguardare tutti i Comuni, soprattutto quelli piccoli, e “senza limitazioni o appesantimenti burocratici e autorizzativi” come quelli previsti per gli enti in dissesto e predissesto. E allora sarà necessario che – ai provvedimenti sul reclutamento temporaneo dei tecnici e del personale nell’ambito della realizzazione dei progetti finanziati con il PNRR – si sommi un intervento di natura più strutturale e che guardi al lungo periodo. Un punto su cui il Governo ha mostrato interesse e aperture, che fanno ben sperare in un accordo che autorizzi più spazio per le assunzioni a beneficio delle Amministrazioni locali
A questo proposito vale la pena ricordare che, tra le riforme “orizzontali” previste dal PNRR, quelle cioè funzionali a migliorare la competitività complessiva del sistema-Paese, sono previste quelle della pubblica amministrazione e del sistema giudiziario. Nei fatti, però, a scorrere gli interventi destinati dal Piano a ciascuna di esse appare chiaro una disparità di trattamento e di investimenti, tutto a scapito della Pubblica Amministrazione. Per il rafforzamento del Sistema giudiziario sono, infatti, previsti circa 2,5 miliardi di euro, destinati a un piano straordinario di oltre 20mila assunzioni, prevedendo anche misure di stabilizzazione, mediante incentivi e corsie preferenziali volte al reclutamento e alla stabilizzazione degli assunti in via temporanea. Nulla di analogo è possibile riscontrare in altri ambiti della PA, laddove si prevedono assunzioni – peraltro numericamente molto più esigue – a tempo determinato di personale a beneficio dei “responsabili dell’implementazione delle singole misure previste dal PNRR”, per giunta mediante “risorse iscritte all’interno di ciascuna componente”. Non un vero e proprio rafforzamento amministrativo, quanto piuttosto un sostegno all’assistenza tecnica funzionale a migliorare le capacità di assorbimento dei fondi, ma non anche a superare le carenze strutturali e le tare storiche.
L’amara considerazione – a cui la stessa Assemblea di Parma e il suo dibattito sulle “Missioni” non è parsa essere estranea – è che senza uno sguardo che vada oltre l’orizzonte temporale e insieme programmatico posto dal PNRR, senza un occhio al day after, si rischia di essere travolti da una gestione straordinaria dell’ordinario. Una gestione che magari potrà anche assicurare il completo assorbimento (per quanto su questo nutrire qualche dubbio pare più che legittimo) delle risorse che sembrano piovere da ogni lato, senza tuttavia riuscire a consegnare un Paese più giovane, più innovativo e più pronto a cogliere i mutamenti del paradigma economico e sociale, sia europeo che internazionale. Peraltro con il rischio, e l’aggravante, di restituire una condizione del bilancio nazionale peggiorata dalla necessità di dover ripagare all’Europa la componente “prestiti” del Piano – che vale 122,6 miliardi di euro (circa il 63% del totale) – che l’Italia, unico Paese in Europa, ha richiesto per intero e che, se non messi a frutto al meglio, rischiano di aprire la strada a nuove stagioni di austerity e a nuovi circoli viziosi (blocchi delle assunzioni, contrazioni degli investimenti, tagli ai servizi). Viceversa, il ruolo, l’impegno e le capacità dimostrate dagli amministratori locali, impongono un orizzonte più ampio, memore delle lezioni apprese e capace di comprendere – come ha ricordato il Presidente Matterella – che “la soluzione non consiste in una ulteriore verticalizzazione della vita politica bensì, al contrario, con pazienza, nell’ampliamento delle istanze di partecipazione dei cittadini, a tutti i livelli”.