di Mauro Cafaro
Fra vuoti di organico, carenze di figure professionali di alto livello capaci di attrarre e condurre in porto i progetti e flussi di denaro molto superiori rispetto a quelli ordinariamente gestiti c’è il concreto rischio di perdere il 40% delle risorse da destinare alle Regioni del Sud Italia. Ma una norma del Decreto Aiuti-Ter può venire in soccorso degli Enti Locali
Le ingenti risorse pubbliche messe a disposizioni dal PNRR – Next Generation UE non hanno precedenti nella storia recente dell’Italia e dell’Europa, rappresentando anche un multiplo del famoso piano Marshall voluto dagli americani dopo la Seconda guerra mondiale. Il programma si propone di accelerare la cosiddetta transizione verso un innovativo modello di sviluppo orientato a indirizzare l’Italia verso i paradigmi fondamentali della società del futuro: compatibilità ambientale, innovazione e digitalizzazione, inclusione sociale e riduzione dei numerosi gap oggi esistenti a livello territoriale, di genere e di generazione. Pertanto, la pubblica amministrazione è chiamata ad affrontare una sfida epocale, che segnerà il suo stesso futuro.
Tra le principali novità contenute nel programma vi sono innanzitutto riforme che riguardano anche gli Enti locali, si pensi solo alla riduzione dei tempi di pagamento della PA, la semplificazione delle norme in materia di appalti pubblici e delle concessioni, requisiti indispensabili per l’efficiente realizzazione delle infrastrutture e per il rilancio dell’attività edilizia.
Ulteriori misure del PNRR a favore degli Enti locali, in particolare dei Comuni, prevedono il reclutamento di personale con contratto a tempo determinato, personale con qualifica non dirigenziale in possesso di specifiche professionalità per un periodo non eccedente la durata di completamento del PNRR. Tra le attività ammesse per il reclutamento di personale vi sono incarichi di progettazione, servizi di direzione lavori, servizi di architettura e ingegneria, collaudo tecnico-amministrativo, incarichi per indagini geologiche e sismiche, incarichi per le operazioni di bonifica, archeologica, incarichi in commissioni giudicatrici, altre attività tecnico-operative strettamente finalizzate alla realizzazione dei singoli progetti finanziati dal PNRR. Si aggiunga, infine, l’assistenza tecnica per le attività di supporto operativo all’attuazione dei progetti PNRR e del Piano nazionale complementare PNC.
Come detto, tra gli obiettivi del piano vi è anche quello di colmare le disuguaglianze territoriali sia a livello di servizi offerti ai cittadini che di infrastrutture. E proprio per questo motivo una quota cospicua delle linee di investimento vede un coinvolgimento diretto degli enti locali. Questi non solo sono chiamati a presentare proposte ma hanno un ruolo di primo piano nella realizzazione delle opere pubbliche. Infatti, la stima delle risorse PNRR + POC che saranno gestite da Comuni e Province oscilla tra il 34,7% e il 36,9% dello stanziamento complessivo (grosso modo intorno a 70 miliardi di euro), che ammonta a ben oltre 200 miliardi di euro.
Questo aspetto, tuttavia, presenta una criticità importante. È noto, difatti, che gli enti locali molto spesso non hanno le strutture adeguate a portare a termine le opere previste dal PNRR, in dipendenza dei vuoti in organico e di forti carenze di figure professionali di alto livello, con rischio discendente di indurre il Governo centrale ad esercitare i propri poteri sostitutivi, determinando una forte concentrazione nella gestione delle risorse.
Inoltre, il coinvolgimento degli enti locali non riguarda solamente comuni, province, città metropolitane e regioni ma anche altri organi presenti sul territorio. Per esempio, anche i consorzi di bonifica risulteranno beneficiari di una parte delle risorse. Gli enti coinvolti non saranno solo responsabili della realizzazione degli interventi ma anche dei controlli sulla regolarità delle spese e delle procedure. Per questo fine, peraltro, il PNRR prevede la possibilità, anche per gli enti locali, di assumere esperti a tempo determinato o di avvalersi di consulenti esterni.
Il coordinamento tra lo stato centrale e l’attività degli organi periferici, ancora, dovrebbe essere assicurato dalla presenza di una apposita Cabina di Regia, creata ad hoc per la gestione del PNRR, incardinata direttamente presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, che prevede anche il coinvolgimento di una rappresentanza della conferenza Stato-Regioni e della Conferenza Unificata.
Cosicché appare evidente che gli enti locali sono chiamati a gestire un flusso di denaro molto superiore rispetto a quelli ordinariamente gestiti, ossia quelli comprensivi di fondi nazionali derivanti da leggi speciali e FSC e fondi europei SIE (FESR, FSE, FC, FEASR, FEAMP). Ipotizzando, infatti, che le risorse gestite dagli enti locali nell’ambito del PNRR corrispondano al valore massimo stimato, a giudizio dell’Ufficio Parlamentare di Bilancio, nel biennio 2024-2025 il flusso di spesa previsto per la realizzazione delle opere ammonterebbe a circa 32 miliardi di euro (16 miliardi per ogni anno). Questo valore da solo risulta pari a circa il 40% della media annua di spesa in conto capitale effettuata dalle amministrazioni locali nel triennio 2018-2020, periodo contraddistinto, peraltro, da un rialzo di tale voce. Un valore talmente rilevante che va ad aggiungersi ai flussi di spesa ordinari che ha spinto tempo fa l’UPB ad avanzare dei dubbi sull’effettiva capacità delle amministrazioni locali di gestire il piano per la parte loro spettante.
Come si ricorderà, l’esigenza connessa alla doverosa e improcrastinabile riduzione dei divari territoriali che caratterizzano il nostro Paese in ordine sia al livello sia alla qualità dei servizi offerti da un lato e le infrastrutture dall’altro, costituisce la base fondante del principio di destinare almeno il 40% delle risorse alle regioni del Mezzogiorno. In base alle elaborazioni dell’UPB i fondi che avranno un impatto concreto a livello locale ammontano complessivamente a 206 miliardi di euro (il 98,2% delle risorse complessive), secondo una stima che tiene conto sia delle risorse previste nel dispositivo di ripresa e resilienza che quelle stanziate dal fondo complementare. Qualora la regola del 40% fosse rispettata al Mezzogiorno spetterebbero all’incirca 82 miliardi di euro.
Tuttavia, l’applicazione effettiva di questa regola può comportare alcuni problemi. Da un lato, infatti, vi è la possibilità che i soggetti coinvolti non presentino progetti. Oppure che quelli presentati non rispondano ai requisiti richiesti. In questo caso tali proposte sarebbero escluse e non sarebbe possibile rispettare la regola.
Un esempio di questo problema è già stato riscontrato lo scorso anno, in ordine alla distribuzione dei fondi per le risorse idriche. In questo caso, in dipendenza di errori nella compilazione delle domande nessun progetto presentato da soggetti siciliani è risultato ammissibile per i finanziamenti. Ciò ha provocato una redistribuzione delle risorse tra le altre regioni facendo saltare la regola del 40%. Dinamiche di questo tipo potrebbero ripresentarsi e possono essere dovute a una pluralità di fattori. Non ultimo la mancanza di competenze specifiche all’interno delle strutture locali. Ciò, paradossalmente, potrebbe accrescere i divari esistenti anziché ridurli.
Non a caso, secondo l’ultima relazione elaborata la scorsa estate dal Dipartimento per le Politiche di Coesione, la cosiddetta quota “Mezzogiorno” del PNRR naviga tuttora tra forti dubbi e incertezze, trattandosi, allo stato, di stime, ripartizioni di fondi ancora da deliberare; quindi, in definitiva, di percentuali teoriche contenute in documenti ufficiali e pubblicate sulla stampa. Infatti, includendo gli interventi già attivati e/o territorializzati, ad oggi, si parla del 41%, ma se ci si limita alle sole misure concretamente messe in atto detta percentuale scende al 34%. In sintesi, le difficoltà attualmente riscontrate sono sicuramente ascrivibili, da un lato, ad una insufficiente capacità in termini progettuali nelle amministrazioni locali del Sud, dall’altro, da un’insoddisfacente propensione dei soggetti pubblici e privati a partecipare ai bandi sino ad oggi pubblicati.
Tutto ciò appare tanto più allarmante ove solo si consideri che il PNRR contiene una sostanziale distinzione tra misure territorializzate a monte, ovvero quelle misure già definite direttamente nel piano in termini di localizzazione geografica e costo stimato, e misure per le quali occorre implementare puntuali procedure tecnico-amministrative, propedeutiche alla loro localizzazione.
Il rischio paventato dal Dipartimento è che la quota Sud, valutata a valle della selezione dei progetti, possa negativamente risentire dell’incapacità di catturare le risorse da parte di potenziali beneficiari, siano essi enti locali, imprese, associazioni, persone fisiche, ecc. Non è un caso che, in relazione a talune linee di intervento (per esempio asili nido e progetti di economia circolare), si è stati costretti a riaprire i termini per la presentazione delle domande di finanziamento. Esaminando più da vicino i numeri resi noti dal Dipartimento, se ne deduce che il famoso 41% consta di 86,4 miliardi, di cui 7,4 miliardi già destinati geograficamente direttamente nel PNRR, 17 miliardi ancora da geolocalizzare, ma già assegnati dai ministeri ai territori, 47,2 miliardi sottoposti all’esecuzione di bandi e procedure competitive e/o negoziate, oltre a 14,8 miliardi afferenti a misure di fatto ancora rimaste sulla carta. Per esempio, il Ministero dello Sviluppo Economico risulta fermo a una quota Mezzogiorno pari a poco più del 24%, stante la difficoltà di ripartire ab initio gli incentivi fiscali automatici del piano Transizione 4.0, che assorbono ben oltre 13 dei 25 miliardi totali gestiti dal MISE tra PNRR e POC. Insufficiente anche la performance al Turismo, attestatosi a meno del 29%, che, tra l’altro, non ha fissato alcuna quota per il Fondo nazionale volto alla riqualificazione degli alberghi. Altri Ministeri si sono, invece, attestati al 38% circa (quali Lavoro e Cultura, oltre agli Affari Esteri relativamente al sostegno all’export). Al contrario il Ministero delle Infrastrutture e della mobilità sostenibili (48,2%) e quello dell’Istruzione (44,2%) hanno, ad oggi, conseguito target più soddisfacenti.
Di qui la necessità di adottare ulteriori provvedimenti volti al rafforzamento della governance del piano e garantire in termini effettivi la riserva del 40% a favore del Mezzogiorno. In questo contesto, certamente problematico, potrebbe essere d’aiuto per i Comuni una apposita norma contenuta nel cosiddetto decreto aiuti ter emanato lo scorso anno, che consente a Invitalia di promuovere accordi quadro preordinati all’affidamento dei servizi tecnici e dei lavori delle amministrazioni pubbliche interessate da interventi del PNRR. Infatti, l’art. 10, comma 6-quater, del D.L. 31/05/2021, n. 77, conv. con modificazioni dalla Legge 29 Luglio 2021, n. 108, prevede che, al fine di accelerare l’avvio degli investimenti pubblici mediante il ricorso a procedure aggregate e flessibili per l’affidamento dei contratti pubblici, garantendo laddove necessario, l’impiego uniforme dei principi e delle priorità trasversali previste dal PNRR ed agevolando al contempo le attività di monitoraggio e controllo degli interventi, d’intesa con le amministrazioni interessate, Invitalia S.p.A. promuove la definizione e la conclusione di appositi accordi quadro, ai sensi dell’articolo 54 del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, per l’affidamento dei servizi tecnici e dei lavori. I soggetti attuatori che si avvalgono di una procedura avente ad oggetto accordi quadro per servizi tecnici e lavori non sostengono alcun onere per attività di centralizzazione delle committenze in quanto gli stessi sono posti a carico delle convenzioni contemplate e regolate dallo stesso articolo di legge.
Le pubbliche amministrazioni interessate dalla norma sono prima di tutto Comuni ed enti territoriali in genere. A livello locale il PNRR ruota attorno a due elementi fondamentali: 40 miliardi di euro di investimenti che devono essere gestiti dai Comuni, e i lavori che vanno aggiudicati in via definitiva entro il 2023, pena l’oggettiva impossibilità di rispettare le scadenze imposte dall’UE per la conclusione degli investimenti. Non a caso lo stesso Presidente dell’Anci Decaro, poco tempo fa, ha trasmesso una missiva ai propri colleghi esortandoli a segnalare ritardi, anomalie o criticità nei progetti di rispettiva competenza.
Questa norma, che coinvolge Invitalia, è orientata ad offrire aiuto ai Comuni che non ce la fanno in ordine all’espletamento di compiti e funzioni in materia di predisposizione, realizzazione e monitoraggio dei progetti, rendendo strutturale una modalità di lavoro congiunto fra amministrazioni locali e Invitalia che già in sede di prima applicazione del Piano ha interessato alcuni dei capitoli fondanti del PNRR degli enti locali.
In dettaglio, l’accordo quadro in parola contiene specifici impegni assunti congiuntamente da Anci ed Invitalia orientati a:
- condividere soluzioni per accelerare la realizzazione degli interventi di competenza delle Città Metropolitane e dei Comuni, anche attraverso misure centralizzate per la committenza pubblica e apposite task force per la capacity building;
- attivare una stabile collaborazione finalizzata a promuovere Invitalia quale centrale di committenza, attraverso una standardizzazione delle procedure amministrative ad evidenza pubblica;
- promuovere il ricorso al supporto di Invitalia attraverso accordi quadro e convenzioni per consentire ai Comuni e alle Città Metropolitane di usufruire di elenchi di operatori economici già selezionati per le singole misure di cui sono beneficiari;
- favorire l’attivazione di un supporto tecnico-operativo curato da Invitalia nell’ambito delle misure rese disponibili dalle Amministrazioni Centrali;
- mettere a disposizione piattaforme digitali in grado di supportare ogni singola fase del ciclo di realizzazione degli investimenti;
- definire, nel contesto della nuova programmazione nazionale comunitaria 2021-2027, programmi di intervento innovativi e sostenibili per favorire lo sviluppo delle Città e dei territori locali, in sintonia con i nuovi indirizzi in materia di Agenda Urbana, Aree Interne e miglioramento della capacità amministrativa della PA.
In sede di prima attuazione di questa macro-intesa, la primavera scorsa Invitalia, di concerto con il Ministero delle Infrastrutture e con l’Anci, ha avviato n. 4 bandi inerenti il cosiddetto Programma innovativo nazionale per la qualità dell’abitare, comprendenti ben 261 interventi, per un valore complessivo stimato degli investimenti di euro 1,24 miliardi di euro, ripartiti tra una settantina di stazioni appaltanti. Altre intese a supporto di enti locali e territoriali riguardano circa 400 interventi raggruppati in 26 Piani urbani integrati da implementare in 12 Città metropolitane (1,5 miliardi circa il valore), lo stesso dicasi per asili nido e scuole dell’infanzia (circa 4 miliardi) e per la realizzazione di nuove scuole, per le quali la previsione di spesa risulta pari a 800 milioni di euro. Nel complesso queste iniziative dovrebbero aiutare a sbloccare e portare a termine ingenti investimenti per almeno sette miliardi e mezzo di euro, ossia circa il 20% del PNRR in capo ai Comuni.