di Orlando Di Marino
Un bel libro collettivo, suddiviso in tre parti e 22 brevi saggi di economisti, architetti, sociologi, antropologi, paesaggisti, storici, giuristi, policy maker, chiamati dalla associazione Riabitare l’Italia a riflettere sul termine e sul concetto di borgo che ha sostituito quello di paese, in un processo che nasconde, dietro la disputa terminologica, elementi più complessi di una dinamica che coinvolge le politiche territoriali e i temi dello spopolamento, la perdita di senso dei luoghi e le identità da salvare, il sogno (e l’agiatezza) di chi potrebbe permettersi di mollare tutto e trasferirsi a vivere nel borgo e la realtà di chi quei luoghi quotidianamente li vive.
Il termine borgo diviene un piccolo pezzo urbano che vive solo come proiezione nella mente di chi non lo abita, avulso dal territorio che lo circonda e dalla storia e dal paesaggio agrario che lo ha generato, collocandosi in uno spazio e un tempo forse mai esistiti, dove le stradine tortuose, una torre merlata, il campanile e il palazzo signorile sembrano restituire un contesto dove è stato abolito il conflitto e tutti sembrano vivere in un afflato comunitario: un luogo ideale, dove trovare rifugio alla complessità e al frastuono della città. Sembra, ancora una volta, la riproposizione di un pensiero idealista che informa molta della normativa italiana sul paesaggio ed, anche, il recente Bando Borghi del PNRR proposto dal Ministero della Cultura che rappresenta l’innesco per questo testo e che costituisce il tema critico di alcuni dei saggi presenti; a questo pensiero occorre ancora una volta, necessariamente, contrapporre elementi più di struttura che passano dall’ascolto e dal dare risposta a chi quei luoghi li vive oggi, lontano da ogni tentativo di musealizzazione: la relazione con il territorio circostante, le infrastrutture presenti per raggiungere i centri urbani più vicini, il livello dei servizi essenziali come le scuole, la possibilità di cura e di assistenza e una pubblica amministrazione efficiente. Un breve passo offre un precipitato dell’intero libro fornendo al contempo una direzione e un senso all’agire, per un Bel Paese che forse è più grande e complesso dell’immagine che tutti portiamo nel cuore di un bel borgo toscano: “L’Italia è un Paese bellissimo pieno posti brutti, sì, ma questi posti brutti sono carichi di senso per chi vi abita: si può forse ripartire da qui.”