di Roberta Mazzeo
La transizione digitale comporta una grande rivoluzione in termini di sviluppo dei servizi ai cittadini, connettività, integrazione delle tecnologie ma rappresenta soprattutto una grossa leva di trasformazione culturale e sociale. Settore pubblico e privato sono impegnati sulla stessa sfida che richiede competenze, conoscenze, attitudini. La sfida è su una duplice rivoluzione: digitalizzazione e sostenibilità. Su questo vanno ripensati investimenti e costi, capitale fisico e immateriale, competenze e professionalità. Ne parliamo con Roberto Basso, Direttore relazioni esterne e sostenibilità WindTre.
Come si può mettere a sistema la digitalizzazione sostenibile per valorizzare le risorse locali esistenti dei territori e ricreare comunità?
«Il nostro piano ESG 2030 contiene dieci obiettivi e la maggior parte di questi riguarda la sostenibilità sociale. Il programma ‘Borghi Connessi’ è uno dei nostri goals per sviluppare maggiore cultura e consapevolezza digitale dei cittadini dei piccoli comuni. Ad oggi sono 22 i borghi in Italia, di cui 15 in Sardegna, riuniti in reti, che hanno aderito al progetto perché vi arriva la fibra ma manca la cultura digitale, sia tra i cittadini che nella PA. Facciamo interventi formativi gratuiti per la popolazione, in particolare per gli anziani che sono quelli più a rischio di digital divide, di disparità nelle possibilità di accesso a internet. Attrezziamo con wi-fi spazi messi a disposizione dai comuni che diventano così anche centri di incontro per le persone. Parallelamente formiamo i funzionari delle amministrazioni perché è bello parlare di smart city ma, soprattutto quando si tratta di piccoli comuni, non c’è la capacità di pianificare la digitalizzazione. Il nostro obiettivo è arrivare a 100 piccoli comuni entro il 2025».
Parlando di smart city nelle grandi città le disuguaglianze si fanno più accentuate e i disagi dei cittadini, soprattutto nelle periferie, sono forti. Come l’innovazione e la digitalizzazione possono aiutare a ridurre i divari e quali capacità si richiederanno per collegare le istituzioni ai cittadini secondo obiettivi condivisi?
«Per promuovere maggiore inclusione e contribuire a ridurre i divari sociali dovuti a mancanza di connettività ma anche di conoscenza e capitale umano, per le città più grandi abbiamo avviato un progetto di capacity building rivolto alle smart city. Un supporto per spiegare cosa un comune può fare concretamente, per esempio con i Data analytics per la programmazione dello sviluppo del trasporto pubblico, del turismo o del risparmio energetico. Il nostro investimento è diretto a diffondere la cultura della digitalizzazione e sviluppare competenze in seno alla PA attraverso sperimentazioni anche a livello gratuito. Una chiave fondamentale per ridurre lo svantaggio degli abitanti delle periferie è la gestione del trasporto pubblico. Molti posti di lavoro sono nei centri storici, dove c’è anche una concentrazione residenziale dei ceti più abbienti, così che gli altri hanno anche il disagio dello spostamento per raggiungere il lavoro. Migliorare la qualità del trasporto pubblico locale comporta alti costi per le amministrazioni ed in ciò l’utilizzo dei Data analitycs aiuta a dosare i mezzi in funzione degli spostamenti reali misurabili attraverso lo smartphone. Abbiamo avviato il nostro protocollo di sperimentazione con Ascoli Piceno e Modena, mettendo a disposizione il patrimonio di dati anonimi e aggregati da cui possiamo estrarre informazioni preziose per migliorare il servizio ai cittadini. Purtroppo, spesso le amministrazioni non hanno le competenze e le aziende possono aiutare, mettendo a disposizione non soltanto i dati ma anche un accompagnamento costante».
Come promuovere una maggiore inclusione nell’accesso a Internet e contribuire a ridurre il digital divide territoriale, economico, culturale e anagrafico del Paese?
«Aiutando i più fragili a comprendere rischi e opportunità. “NeoConnessi” è un programma che da tre anni rivolgiamo ai bambini della scuola primaria che per la prima volta entrano in possesso di uno smartphone, coinvolgendo anche le famiglie e gli insegnanti per aiutarli a capire come assistere i bambini nell’accesso alla rete. Le ricerche e gli indicatori ci dicono che i bambini delle famiglie più agiate sono più assistiti e accompagnati nell’utilizzo di internet e ciò rischia di aumentare il gap con chi non è invece seguito. Il nostro progetto ha raggiunto 350mila bambini nell’anno scolastico 2021-2022 e stiamo lavorando per raggiungere lo stesso risultato nell’anno scolastico cominciato da poco. Oltre al kit che comprende un volume a fumetti elaborato da pedagogisti, con il patrocinio della Polizia di Stato, abbiamo creato una community su Facebook in modo da dare ai genitori e agli insegnanti uno strumento per avere informazioni continuative su come affrontare situazioni di rischio e gestire l’accesso alla rete dei bambini. Se i bambini corrono il rischio di bullismo o pedopornografia altri soggetti vulnerabili sono gli anziani esposti al rischio frodi e a loro con il progetto “NeoConessi Silver” diamo strumenti conoscitivi che consentano di affrontare queste situazioni. Sono i nipoti ad aiutare in questo caso i nonni sollecitando così a ritrovare un dialogo tra generazioni».