di Eliana De Leo
Un bisogno complessivo di rigenerazione, rifunzionalizzazione e riconfigurazione dell’area a Est di Napoli dell’intero litorale che si spinge fino a Castellammare, la restituzione delle spiagge, una nuova identità per le aree industriali dismesse: un futuro possibile se avremo la maturità per realizzarlo.
Al termine di un’intervista con l’Assessore al Governo del Territorio e all’Urbanistica della Regione Campania Bruno Discepolo è impossibile non fermarsi a riflettere, per esempio, sulla parola “progettare”. Dal francese projeter, che è dal tardo latino proiectāre, intensivo di proicĕre: “gettare oltre, gettare avanti, fare avanzare”; cfr. proiettare. Tutto torna. Come diceva Nanni Moretti, le parole sono importanti, lo sono perché spuntano nella testa anche quando non sono state neanche pronunciate. L’Assessore Discepolo non ha pronunciato neanche una volta, credo, il verbo “progettare”, la parola “progetto” sì, sicuramente. Sempre in una logica d’insieme, non è mai stato, come spesso si usa, meramente sinonimo d’intervento. È facile quindi capire come traspaia in ogni parola un’idea, un’intenzione che non è propriamente tecnica ma che ha la vocazione delle scienze sociali. Il progettare dell’Assessore Discepolo è inclusivo, è tecnico, è sociale, è politico nel senso più alto e ampio del termine, è rivolto al futuro.
Abbiamo parlato di Napoli Est e del mare di Napoli Est ma non soltanto, sicuramente temi cari all’Assessore, ma principalmente luoghi che oggi, ancora più di ieri, rappresentano una sfida più che importante per l’intero territorio regionale. Una partita col futuro che non può essere più rinviata ma che necessita di uno sguardo d’insieme, sistemico.
Proprio poco tempo fa il Suo Assessorato ha presentato un rapporto programmatico il cui titolo è proprio: “Ad Est di Napoli – Rigenerazione urbana e metropolitana del tratto costiero dalla Porta Orientale al porto del Granatello”. L’Area d’intervento individuata è sì ad Est di Napoli ma è, in particolare, tutta sul versante costiero. È dal 1953, quando Ortese ha avuto il coraggio di scriverlo nero su bianco, che il Mare non bagna Napoli. Nel futuro di Napoli Est il mare c’è?
“I tempi sono maturi per interrompere una fase storica anche troppo lunga che è stata quella della cesura tra la città, i napoletani, e il mare. È evidente che permane una discontinuità tra i tessuti storici, la città nella sua materializzazione, ed il territorio liquido. Soprattutto per quanto riguarda la parte commerciale rivolta al mare, dal porto storico della città passando per Mergellina fino a Posillipo, è totalmente privatizzata e quindi difficilmente si può restituire ad una fruizione pubblica. È evidente che i due grandi luoghi di questa ricongiunzione col mare sono a est e a ovest della città. Dove, quella che è stata la lunga fase della stagione industriale, quindi dagli inizi del ‘900, dopo un secolo si pone la possibilità oggi di restituire tratti costieri ai napoletani. Se partiamo da ovest, da Bagnoli per la spiaggia pubblica, oggetto di ampi dibattiti, c’è solo da augurarsi che i lavori che sta facendo il Commissario straordinario del Governo per la bonifica ambientale e la rigenerazione urbana, possano approdare a risultati positivi. Si pone il problema della cosiddetta Colmata, su cui si stanno effettuando le ultime verifiche tecniche per il risanamento del litorale ma soprattutto la bonifica dei fondali e di tutte le aree. Ci si augura che si possa dare piena attuazione a quello che in questo momento ancora permane come un dettato di legge di ricostituire la cosiddetta continuità della linea di costa, evidentemente riconfigurando una spiaggia, un litorale per i napoletani. Spostandoci ad Est, lo stesso tema riguarda l’aria orientale. Anche qui un passato industriale fortemente presente cui si offrono le stesse prospettive di soluzione. Dove un’ampia progettualità è stata messa in campo in questi anni ma, purtroppo, alcuni progetti, ormai datati, sono entrati in crisi. Uno per tutti il porto turistico di Vigliena, il Porto Fiorito: un project financing che purtroppo si è arenato anche se oggi riemerge la possibilità di riprendere il progetto. In ogni caso ci sono degli interventi in essere che riguardano il risanamento di una serie di punti della costa, dalla parte orientale della città e anche oltre i confini di Napoli, da Portici in giù, che vedono interventi di risanamento e riqualificazione molto importanti. Proprio a Portici, ad esempio, è in essere un’importante riqualificazione del waterfront. Restando su Napoli est, si è riusciti a far ricadere nell’area finanziamenti importanti del CIS (Contratto Istituzionale di Sviluppo, ‘Vesuvio-Pompei-Napoli’), penso all’area dell’ex depuratore di San Giovanni (NAPOLI LUNGO EST TERRAZZA A MARE – LOTTO 1 finanziato per 7 mln di euro), alla area dell’Ex Corradini su cui ricadono sia finanziamenti per la Città metropolitana, sia i fondi del CIS (COMPLETAMENTO RIQUALIFICAZIONE AREA ARCHEOLOGIA INDUSTRIALE EX CORRADINI – LOTTO 1 finanziato per 12 mln di euro) o, ancora, all’Ex caserma Cavalieri, che ricade nel comune di San Giorgio a Cremano (LAVORI DI ADEGUAMENTO FUNZIONALE DELL’AREA CASERMA EX CAVALIERI VIA BOTTEGHELLE finanziato per 9 mln di euro). Questo è quindi l’inizio di un progetto complessivo che riguarda l’intera costa orientale di Napoli che va dalle estreme propaggini cittadine napoletane ma che, in qualche modo, si proietta fino a Castellammare di Stabia e oltre. Questa è una partita importantissima, fondamentale, strategica che riguarda sì questo territorio ma per l’intera Regione Campania, che si giocherà tutta nei prossimi, pochi, anni”.
Allora pensiamo positivo, la sua risposta è sì? Il mare la bagnerà Napoli…
“L’augurio sì, è senza dubbio che si possa dire finita una stagione lunga, lunghissima di progetti avviati e poi abortiti e di promesse non mantenute, ma oggi ci sono tutti gli elementi di maturazione, dalle scelte politiche che riguardano il territorio, ai finanziamenti che si sono resi disponibili e io direi ormai dalla consapevolezza- generalizzata dei soggetti istituzionali, certo ma non solo, anche imprenditoriali. Davvero credo che questa sia un’area che ha tra i maggiori asset di crescita nuovi, di sviluppo sostenibile del nostro territorio. Mettere insieme alcune delle identità locali preesistenti con un’idea nuova di riqualificazione, di sviluppo e di crescita anche in termini occupazionali, quindi sociali e tutto quanto altro di buono ne può derivare”.
L’apertura del Polo della ricerca, dell’innovazione tecnologica e sociale dell’Università degli studi di Napoli che, insieme con l’Apple Academy Developer, hanno dato un po’ il via al modello di riconversione e sviluppo per l’area ad est di Napoli, hanno acceso i riflettori su un’area già tristemente nota per un degrado e disordine ambientale, sociale. Ci è voluto tanto tempo, altrove in Europa questo genere di meccanismi sembrano innescarsi con molta più velocità, facilità. Perché, secondo lei, noi facciamo ancora così tanta fatica?
“In Europa ma non solo, la rigenerazione urbana ha riguardato questi luoghi tipici della crescita delle città per tutto il ventesimo secolo, che sono le grandi fabbriche, impianti legati alla produzione di energia, complessi ferroviari, militari che col tempo sono diventati obsoleti perché sono cambiati i processi produttivi, perché sono cambiati gli utilizzi del suolo da parte della società contemporanea. Riconversioni molto profonde anche delle aree portuali, ad esempio, in molte grandi capitali europee sono avvenuti e avvengono ogni giorno, progetti complessi di trasformazione e di rinnovamento urbano radicale. Purtroppo, un po’ da noi in Italia ma sicuramente in maniera più accentuata nel Sud e a Napoli, se vogliamo dirlo, ancor di più, questa trasformazione ha sempre avuto molti ostacoli. Ostacoli di varia natura: a volte ideologica, altre volte culturale, ma a volte anche politico-amministrativa per cui vediamo e conosciamo la fatica che c’è stata. Ma basta che pensiamo all’Italsider, torno a dire, poteva essere il caso emblematico di una riconversione di una grande area industriale oramai fuori produzione con la riappropriazione da parte della città di un’area di straordinario valore, sul mare, all’interno dei Campi Flegrei area ricca di archeologia, termalismo, la storia, tutte le connotazioni; invece diciamo che le difficoltà incontrate, a volte la non capacità delle classi dirigenti di questo territorio, hanno portato ad avere tempi che sono fuori da qualsiasi media europea. Anni fa, io facevo i primi dibattiti su queste tematiche, siamo partiti in contemporanea, noi a Napoli insieme ai tedeschi della Ruhr che hanno avviato la riqualificazione di aree che sono fino a 100 volte l’area di Bagnoli, loro le hanno completate nell’arco di nemmeno un paio di decenni. Dopo 30 anni dalla dismissione, noi stiamo ancora immaginando come fare le bonifiche e come fare un vero progetto di riconversione dell’area. L’augurio è sicuramente che riusciamo oggi ad imprimere un passo diverso e che ci sia anche la maturità per capire che appuntamenti di questo genere sono decisivi per il futuro dei nostri territori, delle nostre comunità e non si possono più perdere”.
Parliamo della Nuova Programmazione, ormai alle porte. Ci sono progettualità già previste sul FESR 2021-2027?
“Gli interventi più grandi, in questo momento, sono quelli sul CIS. Poi c’è il PON metro, i programmi di rigenerazione del PNRR che valgono attualmente 350 milioni di euro, con un finanziamento che riguarda anche San Giovanni a Teduccio, la parte di Taverna del Ferro, la riconversione dei quartieri di edilizia residenziale pubblica, le periferie degradate degli anni ’60 e ‘70 del secolo scorso. Per quanto riguarda il FESR è evidente che si andrà a definire meglio il quadro complessivo di quella che sarà la nuova programmazione nei prossimi mesi, noi avevamo avviato un inizio di progettazione integrata: un sistema-territorio che avesse una sua logica, una sua coerenza interna, un rapporto con gli strumenti di pianificazione dei vari comuni coinvolti. Questo lavoro poi è stato superato dal CIS messo in campo dal Governo. Su cui rimane qualche dubbio personale su quale sia la logica sottesa a questo progetto territoriale nella sua perimetrazione, perché ci sfugge a quale individuazione di territorio omogeneo poi si sia fatto riferimento. Si è partiti da Napoli, ai comuni costieri vesuviani ma si è arrivati fino alla penisola sorrentina, poi si è fatta un’incursione nella provincia di Salerno… Quindi ci è sembrata ben più una raccolta di comuni con logiche che forse appartengono ad altre dimensioni con una serie di progetti finanziati che, anche in questo caso, sono più la sommatoria di richieste avanzate dalle singole amministrazioni comunali che non dei progetti di sistema di respiro comprensoriale e di area vasta. Quindi, a questo punto, era difficile far avanzare anche uno strumento come i masterplan, ad esempio, che noi stiamo attuando in altri territori la cui filosofia e metodologia di lavoro è completamente diversa (vedi il Litorale Domizio e il Litorale Salerno-sud). Valuteremo ora, nell’avanzamento della programmazione, secondo quella che noi abbiamo definito la nostra Agenda Territoriale della Campania in che modo evidentemente anche il territorio di Napoli Est, insieme ai programmi finanziati dal CIS, possa trovare un’organicità, un raccordo di programmazione complessiva.
In ogni caso insistono in questo ampio scenario di programmazione, a questo punto Regionale sul FESR 2021/27, molte città che non saranno più le Città Medie come definizione dei vecchi cicli di programmazione (PIÙ Europa e PICS) ma diventano i Poli Urbani e questa è la novità più importante su cui ragioniamo, in un’ottica di totale innovazione rispetto al passato, per cui dovremo finanziare stabilendo insieme interventi che abbiano ancora di più questa definizione di essere al servizio del territorio. I poli urbani tanto sono dei poli perché svolgono una funzione superiore sul territorio di riferimento e quindi i progetti che devono essere finanziati non devono essere rivolti a soddisfare delle esigenze che si esauriscono all’interno della cinta daziaria: il giardinetto, piuttosto che il sagrato, la piazza o il marciapiede. Bisogna uscire da queste logiche, ragionare per sistemi, assecondare la dimensione di Poli, guardare, quindi, ad un orizzonte più esteso, perché è sempre più evidente ormai che le Città, i Poli, appunto, hanno raggiunto la maturità per sapere che i fondi strutturali hanno finalità più ampie e di lungo respiro”.