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“Sanza: Il Borgo dell’Accoglienza”, il sindaco Esposito: “Cambiare il corso del presente realizzando un futuro diverso”

di Eliana De Leo

Sono 20 i milioni di euro finanziati col PNRR per rendere il borgo storico di Sanza un albergo diffuso, in un tempo molto piccolo. Un’impresa eccezionale per cui c’è bisogno dell’entusiasmo e del lavoro sinergico di un intero territorio?

Vittorio Esposito – Sindaco di Sanza

È il terzo comune, per estensione, della provincia di Salerno ma, di fatto, il suo borgo abitato occupa una minima parte del territorio su cui, per lo più incide il magnifico monte Cervati, una delle vette più alte della Campania, affacciata sul mare del Cilento e che dall’altra parte degrada verso il Vallo di Diano. Un luogo unico per bellezze paesaggistiche e naturalistiche. Il temperamento dei suoi abitanti è noto già dai tempi dei romani, orgogliosi come la loro montagna ma al contempo accoglienti come il mare verso cui guardano. Oggi, la fierezza dei Sanzesi è tornata all’onore delle cronache, perché Sanza è tra i 21 comuni destinatari del finanziamento per 20 milioni di euro sul PNRR del cosiddetto “Bando Borghi”. Affrontando mille difficoltà ma con una visione ben precisa davanti, il Borgo dell’Accoglienza di Sanza sta portando avanti tutte le azioni utili al compimento di quella che sembra un’impresa mastodontica per cui sarà necessaria tutta l’intraprendenza e l’orgoglio di cui questo territorio è capace e di cui il Sindaco di Sanza Vittorio Esposito si fa fiero portavoce.

Che significa nel 2023 essere amministratore di un piccolo comune.
«Una grande sfida, un impegno costante e una responsabilità enorme. La sfida è quella della lotta allo spopolamento e al mantenimento dei servizi essenziali. L’impegno è volto alla realizzazione di una comunità inclusiva che sappia dare valore alle eccellenze del territorio (paesaggistiche, naturalistiche, culturali ed umane), offrendo opportunità ai giovani talenti. Costruire un borgo dell’accoglienza significa mirare al turismo di qualità come occasione di crescita e lavoro per i giovani ma anche di amorevole cura per le persone anziane che ancora ci vivono. Ecco la responsabilità. Tempi difficili, ma alla fine è proprio nella complessità delle difficoltà che si nascondono le grandi opportunità. Occorre solo individuarle».

Sanza, il suo piccolo centro, porta con sé una storia politica interessante, una storia e un presente religioso e naturalistico importantissimo…
«Politica è partecipazione attiva da parte dei cittadini. Questo per la comunità di Sanza è un credo. La tradizione di una democrazia partecipata attentamente dai cittadini è parte della storia locale. Basti pensare che nel 1861, alla nascita dell’Unità Nazionale, a Sanza c’erano almeno 30 figure di spicco riconducibili al brigantaggio che lottavano per l’assegnazione delle terre per il miglioramento delle condizioni sociali dei contadini. Certo, commettevano anche reati, ma questo rappresenta un esempio per sottolineare come da sempre qui partecipare attivamente alla vita pubblica è parte integrante del vivere sociale. Il 10 ottobre 1943 una folla di 300 contadini, dopo aver costretto alle dimissioni il podestà fascista, acclamò “commissario del popolo” il vecchio antifascista Tommaso Ciorciari. L’esperienza della libera repubblica contadina, anche se solo per 36 giorni, lasciò una traccia importante nel cuore dei sanzesi: infatti al referendum istituzionale del 2 giugno 1946, qui l’adesione alla Repubblica fu nella misura del 49,8%, nel resto della provincia si ebbe solo il 24,8%. Per quanto riguarda la storia religiosa e naturalistica insieme, definirei viscerale il legame e la fede per la Madonna della Neve e per la vetta del Cervati. Tradizione millenaria quella dei “marunnari”. Una ritualità che segna per gli adolescenti l’ingresso in società e per gli adulti la certezza della continuità. Nei riti profani che sfiorano la sacralità si consuma un pellegrinaggio spirituale che alla fine si esalta nella fede per la Madonna, ma anche per l’amore geloso verso la vetta del Cervati. Non è semplice guidare una comunità così orgogliosa e complessa, ma proprio per questo, per me è una grande soddisfazione».

La sua esperienza è ampia e di lungo corso. Lei ha saputo leggere nelle trame del tempo. Cosa è cambiato e cosa, invece, non cambia ancora oggi.
«È cambiato il tessuto sociale della comunità di Sanza, soprattutto a partire dalla metà degli anni ‘70 del secolo scorso. Nell’ultimo ventennio poi è stato rivoluzionato anche l’aspetto economico. Alla realtà contadina che riusciva a far laureare i figli, con la sola forza del lavoro in stalla, accudendo pochi capi di bestiame, si è sostituita prima una comunità di emigranti nel nord Europa, fino alla metà degli anni ‘80. Poi, il rientro di molti nel post terremoto aveva creato speranza di crescita e di ripresa che si è interrotta nuovamente con l’arrivo degli anni 2000 che inevitabilmente ha portato ad una nuova emigrazione di massa, di giovani innanzitutto ma anche purtroppo, di interi nuclei familiari. È un alternarsi di fasi migratorie che hanno connotato l’intero Mezzogiorno e che sono parte integrante di quel percorso che cambia e che non cambia quasi nulla per il Sud».

Dopo la pandemia ed il lockdown abbiamo assistito al fenomeno del rientro verso i luoghi natii o, comunque, il ritorno a luoghi meno alienanti a tempi meno frenetici. È accaduto anche a Sanza?
«Direi poco o nulla. Tuttavia, il fenomeno nuovo che ha segnato l’ultimo decennio a Sanza, ben oltre la fase pandemica, ed il post pandemia, è certo legato alla presenza di migranti. Qualche anno fa solo come luogo di transito e sosta temporanea per rifugiati. Negli ultimi anni, soprattutto nel post pandemia, come luogo dove si è scelto di vivere per alcuni nuclei familiari provenienti dal nord Africa soprattutto».

Veniamo a “Sanza: il Borgo dell’Accoglienza”, in una nazione di comuni in difficoltà con la progettazione per il PNRR, voi siete balzati all’onore delle cronache nazionali. Ci racconti da dove nasce l’idea e in cosa consiste il progetto.
«Quando si parla di borghi, si pensa spesso agli anziani, si dà per scontato che i giovani siano andati via per sempre. La contemporaneità porta immediatamente all’idea del movimento, anzi dello spostamento; invece è sul restare che bisogna riflettere, separatamente dal viaggiare. Si deve partire da una diversa pratica dei luoghi, facendo uno sforzo nuovo di immaginazione, ripensando da un lato alla gente che c’è, che resta, ai giovani disposti a fare anche grandi sacrifici per restare, dall’altro immaginando un’architettura nuova per luoghi antichi, innescando attraverso le idee una filiera attiva, che porti modernità, sostenibilità e una vita migliore. Il progetto proposto vive di una caratterizzazione propria ed articolata. L’approccio strategico è stato quello di individuare una azione comune per lo sviluppo del Borgo, enfatizzando il contributo rilevante che gli attributi tangibili e intangibili di tale realtà possono offrire per il progresso socioeconomico. Il lavoro si è sviluppato a partire dall’intenzione di riutilizzare luoghi, cose e tradizioni rinnovandoli, affinché possano portare nuovi impulsi per una rinascita concreta e per la costruzione di un futuro possibile. Si è lavorato alla valorizzazione e al potenziamento tanto delle identità locali quanto delle relazioni, perché è dalla messa in comune e, quindi, in rete di questi sistemi, che si può immaginare di rimettere in moto processi virtuosi. Questi sistemi costituiscono la base progettuale e la ‘riserva strategica’ di progetti ad alta potenzialità innovativa, alta qualità dell’abitare, forti equilibri ambientali, alta capacità auto riproduttiva. L’approccio del progetto e della relativa programmazione punta innanzitutto su iniziative che stimolano lo sviluppo e l’organizzazione di una filiera produttiva territoriale. Sono stati scelti progetti utili a valorizzare risorse che potessero divenire utili ai fini della riscrittura di una identità nuova: il paesaggio e le sue emergenze, la memoria, il riconoscimento delle potenzialità e delle opportunità, e il contatto reale e vivo con la popolazione, finalizzato a promuovere progetti per la rigenerazione, valorizzazione e gestione del grande patrimonio di storia, arte, cultura e tradizioni presenti nel Borgo, integrando obiettivi di tutela del patrimonio culturale con le esigenze di rivitalizzazione sociale ed economica, di rilancio occupazionale e di contrasto allo spopolamento. Un Albergo Diffuso nel centro storico del Borgo pensato come luogo dell’abitare futuro, luogo della sperimentazione sia a livello ambientale ecosostenibile che a livello sociale e relazionale».

Si è chiusa da poco la chiamata per la ricognizione e acquisizione del patrimonio immobiliare, da utilizzare per la realizzazione dell’Albergo diffuso nel centro storico (rif. DD n. 1022 del 30/12/2022, proroga approvata con DD n. 42 del 30/01/2023), com’è andata?
Molto bene, considerando che sono oltre 50 le manifestazioni di interesse a vendere. Dimostrazione della grande attenzione da parte della comunità locale al progetto, ma purtroppo anche dimostrazione della presenza di un numero elevato di abitazioni vuote, dunque persone che non ci sono più, famiglie che vivono altrove”.

Adesso a che punto siamo? Quali saranno i prossimi step? Quali le principali difficoltà che state affrontando?
«Siamo ad un punto strategico dell’attuazione del progetto. Se sul fronte dei fabbricati da acquistare, siamo alla fase di valutazione alla quale seguirà poi il formale acquisto e dunque le fasi relative al progetto di recupero e riqualificazione; contemporaneamente siamo impegnati nel far partire le prime due gare, ossia la riqualificazione di Piazza Plebiscito e il sistema di illuminazione artistica della Torre Medioevale. Tanta burocrazia che, certamente, rallenta i tempi. Purtroppo, anche le problematiche generali che vivono i piccoli comuni in termini di mancanza di personale e spesso anche di strumenti per l’organizzazione della macchina amministrativa, certo non agevolano il processo. Tuttavia, in questo siamo fortunati, potendo contare su un supporto importante e funzionale della Regione Campania, che ci sta seguendo passo, passo in ogni azione del progetto».

Nel fare a Lei e a tutti gli abitanti di Sanza coinvolti in questa avventura un grande in bocca al lupo; le chiediamo, in chiusura: cosa vi aspettate, quali sono gli obiettivi sia in termini quantitativi che qualitativi che vi aspettate di raggiungere?
«La scommessa dell’iniziativa lanciata con il finanziamento di Progetti pilota per la rigenerazione dei borghi a rischio di abbandono è di verificare se un intervento di consistente dimensione economica, concentrato in un borgo a rischio, può indurre, se ben progettato ed attuato, l’inversione di rotta dei processi degenerativi demografici ed occupazionali in atto. Questo è ciò che ci aspettiamo. Cambiare il corso del presente realizzando un futuro diverso. Attenzione, non per Sanza, per l’intero comprensorio del Vallo di Diano e basso Cilento. Questo progetto funzionerà ed avrà la sua efficacia solo se sarà condiviso e partecipato dal sistema territorio».

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