di Gaetano Di Palo
Col passar del tempo siamo divenuti quasi automaticamente sempre più adusi ad abbinare l’idea di libertà individuale e di parità dei diritti a quelle stesse profonde radici delle idee repubblicane che sono poi state, e tuttora costituiscono, il fondamento della nostra moderna vita democratica. Sembra tuttavia che un principio più generale: quello di garanzia dell’esplicitazione e di dovere della preservazione della dignità umana, anch’essa costituente base essenziale del vivere – e del convivere – civile, sia immagine invece piuttosto sopita che, seppur di certo concettualmente e moralmente ben accolta (ma forse quasi solo per inerzia), nei fatti sovente rimane scontata o comunque rilasciata all’iniziativa ed all’operato di qualcun altro più volenteroso…
Quel che invece molto probabilmente sfugge è che tali principi e doveri repubblicani, peraltro ribaditi in più Carte costituzionali anche sovranazionali, fanno più diretto riferimento ad una dimensione civica della res publica nella quale ciascun civis deve in primo luogo auto-inquadrarsi per poi proiettarsi operosamente verso la collettività cercando, e possibilmente trovando, la realizzazione del proprio ruolo anche all’interno della comunità. Tale esplicitazione dovrebbe esprimersi attraverso lo sviluppo di una responsabile e costante attitudine alla cooperazione civica ed al supporto reciproco, trascendendo la mera episodica filantropia o l’occasionale slancio di solidarietà connesso ad eventi tragici e disastrosi – pratiche peraltro ovviamente più che commendevoli – e costituendo invece un vero approccio alla vita civica che unisca in maniera equilibrata i diritti costituzionali ai doveri civici che a questi immancabilmente si accompagnano.
Giova infatti sottolineare che quelle stesse prerogative affermate e garantite dalla nostra Repubblica (art. 2 Cost.) vengono misurate e risultano rafforzate da doverosi comportamenti positivi a beneficio della collettività, giacché la libertà così come la stessa eguaglianza, sebbene ufficialmente sancite, si realizzano concretamente in virtù del contributo attivo – e meglio ancora proattivo – di ciascun membro della comunità. In tal senso il civis non esplica i propri doveri semplicemente recandosi alle urne, ma deve con coscienza critica ed attitudine solidale partecipare attivamente alla gestione della res publica, farsi promotore o comunque essere coinvolto in iniziative collettive e/o in organismi più o meno strutturati che siano votati all’attuazione dei diritti ed alla loro difesa così che grazie anche al suo contributo attivo sia assicurato a tutti il soddisfacimento dei bisogni essenziali.
La vita democratica si esplica appieno e realizza i propri proclamati diritti non solo mediante il buon funzionamento delle istituzioni e la sana amministrazione del bene comune, ma anche attraverso l’attivismo civico, l’aspirazione condivisa al miglioramento della coesione del tessuto sociale ed all’incoraggiamento capillare alla comprensione ed alla ricerca del raggiungimento di pari dignità sociale degli individui, soprattutto se più fragili e meno fortunati.
È dunque ragionevole asserire che è compito non solo della Repubblica, ma anche dei cives, rimuovere quegli ostacoli che di fatto impediscono il pieno sviluppo della persona e che rallentano la realizzazione del principio d’eguaglianza sostanziale (art. 3 Cost.). Così la cittadinanza attiva, chiara formulazione di partecipazione civile e radice profonda dell’approccio solidale del civis, va dunque interpretata come un dovere civico cui ciascuno deve uniformarsi e non già perché promanante d’imperio da una richiesta legittimamente fondata, né tantomeno nel personale perseguimento di un qualsivoglia ritorno d’immagine o peggio ancora di profitto, bensì in obbedienza ad una intima – e perciò a fortiori libera – esplicitazione di una propensione alla condivisione reale di un quanto più esteso benessere ed al concorso alla massima diffusione di una concreta pari dignità tra i cittadini.