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Open Innovation: approcci collaborativi per affrontare il cambiamento nelle organizzazioni

di Gaetano Di Palo

Appare sufficientemente pacifico sia in letteratura[1] che nella percezione dl mondo produttivo che il percorso verso il miglioramento dell’adattabilità delle organizzazioni in generale, e dell’accrescimento dei livelli di competitività delle imprese in particolare, stante le sollecitazioni esterne di una domanda sempre più sofisticata ed esigente e l’esposizione alla diffusa ed impattante concorrenza internazionale, si debba tracciare attraverso l’innovazione, vale a dire mediante nuove chiavi di lettura ed interpretazione dei fenomeni e degli scenari ed atteggiamenti sempre più rapidamente adattivi. Approcci innovativi[2] protesi all’attenta analisi dei contesti e delle loro evoluzioni, anche soltanto potenziali,  possono infatti consentire alle organizzazioni di proporzionarsi più prontamente al ritmo del cambiamento – e non solo quello tecnologico, più facilmente e clamorosamente evidente – al fine di aumentare la propria resilienza, vitalità e competitività.

Negli ultimi anni, i processi di innovazione all’interno delle aziende hanno attraversato trasformazioni significative[3]. L’aggravarsi della crisi economica, la pandemia, il cambiamento climatico, le recenti guerre in Medio Oriente ed Ucraina, l’aumento della competizione a livello globale, la dematerializzazione delle transazioni finanziarie e commerciali, la diminuzione del ciclo di vita dei prodotti appena lanciati e le difficoltà nel sostenere le crescenti spese per la Ricerca e Sviluppo rappresentano soltanto alcune delle diverse motivazioni alla base di tali cambiamenti nei processi innovativi e delle sollecitazioni cui le organizzazioni sono, gioco forza, sottoposte.

Risulta quindi interessante verificare i legami tra innovazione, resilienza e sopravvivenza organizzativa alla luce anche dei risultati dei modelli di valutazione delle prestazioni in materia di innovazione, capacità istituzionale e competitività per diversi Paesi. A tal fine gli analisti hanno approntato alcuni interessanti modelli di misurazione. L’Innovation Union Scoreboard (IUS)[4] fornisce una valutazione comparativa delle prestazioni degli Stati membri dell’UE in materia di innovazione e ricerca, nonché dei relativi punti di forza e di debolezza dei loro sistemi istituzionali e di mercato. Così come concepito lo IUS aiuta gli Stati membri a valutare le aree in cui devono concentrare i propri sforzi per incrementare le loro prestazioni in materia di innovazione. È importante segnalare che oltre ai Paesi membri dell’UE, lo IUS include informazioni anche su Serbia, Macedonia del Nord, Turchia, Islanda, Norvegia e Svizzera; in aggiunta – sebbene su un numero più limitato di indicatori disponibili a livello internazionale – l’Innovation Union Scoreboard comprende anche Australia, Brasile, Canada, Cina, Corea del Sud, Giappone, India, Russia, Sudafrica, e Stati Uniti.

L’Innovation Union Scoreboard rileva un totale di 25 indicatori diversi  distinguendo tra otto dimensioni dell’innovazione e tre categorie principali di indicatori come gli elementi abilitanti, ovvero gli elementi di base che consentono all’innovazione di avere luogo (risorse umane, sistemi di ricerca aperti, eccellenti e attraenti, finanziamenti e sostegno), le attività d’impresa, che rilevano gli sforzi di innovazione delle imprese europee (investimenti dell’impresa, collegamenti e imprenditorialità, patrimonio intellettuale) e gli output, che evidenziano i benefici per l’economia nel suo complesso (cioè gli innovatori e gli effetti economici). Le performance dell’Unione Europea in materia di innovazione, misurate dal Innovation Union Scoreboard, sono aumentate del 10% dal 2017. In questo periodo, la maggior parte degli Stati membri dell’UE ha aumentato le proprie prestazioni in materia di innovazione, anche se il grado di miglioramento varia notevolmente. Tra il 2023 e il 2024, i risultati dell’UE in materia di innovazione sono migliorati di 0,5 punti percentuali. Più precisamente, in questo periodo i risultati dell’innovazione sono aumentati in 15 Stati membri. Tuttavia, 11 Stati membri hanno registrato un calo delle prestazioni in materia di innovazione.

Analogamente alle edizioni precedenti, l’Innovation Union Scoreboard 2024 pubblicata lo scorso maggio, classifica gli Stati membri in quattro gruppi di innovazione in base ai loro punteggi: Leader dell’innovazione (prestazioni superiori al 125% della media UE), Innovatori forti (tra il 100% e il 125% della media UE), Innovatori moderati (tra il 70% e il 100% della media UE) e Innovatori emergenti (inferiori al 70% della media UE). La Danimarca ha mantenuto la prima posizione come Stato membro più innovativo, davanti alla Svezia, che è stata il primo Stato membro dell’UE nel periodo 2017-2022. Rispetto alla scorsa edizione, le prestazioni degli Stati membri sono rimaste relativamente stabili. Solo due Paesi hanno subito cambiamenti nel loro gruppo di performance. L’Estonia è diventata un Innovatore Forte seguendo un modello di crescita costante dal 2017, mentre il Belgio, che era un leader dell’innovazione nella EIS 2023, è diventato un Innovatore Forte, pur mantenendo la quinta posizione nella classifica. Questo cambiamento si spiega in parte con la vicinanza del Belgio al valore di cut-off utilizzato per i gruppi di performance.[5]

Altro strumento importante per cogliere la valenza e l’impatto dell’innovazione è il World Competitiveness Yearbook pubblicato dall’International Institute for Management Development: un rapporto annuale completo ed un vero e proprio punto di riferimento per gli addetti ai lavori ed i ricercatori sulla competitività delle economie globali. L’dea di fondo è che la competitività di un’economia non può essere ridotta solo al suo PIL e alla produttività, bensì esistono variabili e dimensioni di altro genere – e però altrettanto impattanti – quali quelli politiche, sociali e culturali che sono elementi da non trascurare nelle strategie e policy di decisori politici e di imprese e società. I decision-maker svolgono un ruolo cruciale, fornendo un ambiente caratterizzato da infrastrutture, istituzioni e politiche efficienti che possono incoraggiare – o scoraggiare – la creazione di valore pubblico da parte delle autorità che governano e profitti sostenibili da parte delle imprese. L’IMD World Competitiveness Ranking, da 36 anni fornisce analisi di dati su economie, regioni e sub-regioni e su come ottimizzano le loro competenze individuali al fine di ottenere una creazione di valore a lungo termine per le imprese, comunità ed i territori. Analizza benchmarking ed espone trend, utilizzando sia statistiche che dati di sondaggi condotti nel mondo reale. L’edizione del 2024[6], pubblicata lo scorso giugno, fornisce un’ampia copertura di 67 economie globali (nel 2024 sono state aggiunte tre nuove economie: Ghana, Nigeria e Porto Rico) ed è un riferimento mondiale sulla competitività.

Secondo le ultime rilevazioni è Singapore l’economia più competitiva tra le 67 delle otto principali regioni del mondo. La Svizzera è seconda e la Danimarca terza.[7] L’Italia è molto indietro nella classifica e le variabili che sembrano impattare negativamente sul suo ranking sono legate ad una carenza di capacità istituzionale, un troppo limitato ruolo del finanziamento pubblico ed una poco allettante politica fiscale.

Figura 1 – Comparazione World Competitiveness Ranking: Italia – Singapore

Le analisi econometriche alla base dei citati modelli di scoring  in un certo senso confermano un set di relazioni di causaeffetto tra livelli di innovazione e vitalità, resilienza e competitività delle organizzazioni. In questo contesto si ritiene però valga la pena soffermarsi anche su particolari – e relativamente recenti – variabili che corrispondono ad altrettanti ambiti di impatto sulle metriche e di enorme interesse per ricercatori e professionisti che studiano ed operano nel campo d’indagine e sperimentazione dell’organizzazione e management innovativo di aziende ed imprese e cioè l’Open Innovation e l’Innovation Network, topic che presentano molteplici  similitudini nelle loro visioni, e la cui concomitanza si rivela stimolante sia per le applicazioni strategiche-aziendali, sia come approccio al potenziamento della capacità innovativa delle organizzazioni in contesti caratterizzati da sollecitazioni innovative provenienti da più direzioni con particolare attenzione prestata alle relational capabilities e soprattutto – nell’Innovation Network[8] – alla gestione dei processi esterni.

LOpen Innovation in particolare si contraddistingue nell’essere un paradigma concettuale ed operativo in cui l’innovazione è condivisa e distribuita attraverso scambio attivo e proattivo di conoscenze ed esperienze tra organizzazioni diverse[9]. In tale ottica, per poter innovare efficacemente nel contesto attuale, le aziende devono adottare un approccio all’innovazione che integri non solo le novità e le risorse prodotte all’interno nella propria organizzazione (e non necessariamente in via esclusiva dal proprio Dipartimento R&D), ma anche know-how, soluzioni e conoscenze esterne derivanti da rapporti più o meno consolidati con università, centri di ricerca, consulenti e persino da altre imprese (finanche, ed in una certa misura, concorrenti). Inoltre, le organizzazioni non devono limitarsi a sfruttare le proprie idee interne, bensì anche esplorare percorsi di accesso al mercato ed alla collettività in generale, che si trovano al di fuori dei propri limiti o che offrono nuove facoltà ed opzioni rispetto al loro modello imprenditoriale consolidato. Per implementare[10] l’Open Innovation in modo efficace all’interno di un’organizzazione è fondamentale promuovere nuovi approcci mentali e una cultura aziendale che favorisca l’apertura ed attenzione al nuovo e la propositività. Il personale dipendente rappresenta una risorsa fondamentale per stimolare l’innovazione, infatti sviluppando le loro capacità imprenditoriali, si possono promuovere la creazione di nuovi prodotti o servizi, l’espansione verso nuovi mercati ed in ogni caso migliorare anche i processi interni. Questo  modello c.d. Corporate Entrepreneurship rappresenta uno dei metodi più comuni adottati dalle aziende per stimolare l’Innovazione Aperta[11].

Figura 2 – Modello di Open Innovation

In generale, per le grandi realtà si riscontra una difficoltà ad interagire ed aprirsi[12], il legame al sano riserbo aziendale ed alla segretezza di alcuni importanti processi resta ancora forte e percepito come elemento di gran lunga superiore ai vantaggi derivanti da un atteggiamento open, tuttavia in molti settori (incluso quello pubblico) modifiche, lente, negli atteggiamenti e più inclini all’apertura cominciano ad intravedersi con interessanti risultati.

A tal proposito una interessante attività di ricerca e sperimentazione sulla diffusione ed impatto delle pratiche di Open Innovation in Europa è stato condotta dal Gruppo di lavoro “Open4U” co-finanziato dalla Commissione Europea nell’ambito del Programma ERASMUS+ KA220 VET e coordinato da IFEL Campania. L’ambito della ricerca ha riguardato in primo luogo la ricognizione dell’implementazione delle pratiche di Open Innovation nelle organizzazioni appartenenti ai Paesi partner (Francia, Grecia, Italia, Polonia, Repubblica Ceca e Turchia).  Sono stati a tal fine distinti approcci e pratiche sia per cluster settoriali che per aree geografiche, ed inoltre sono stati classificati i vari strumenti e soluzioni di Open Innovation sia essa inbound (Incubatori e acceleratori interni, Call for Ideas, Call for Startup, Contest, Hackathon, Datathon, Appathon etc.) che outbound (Corporate Venture Building, Platform Business Model, Joint Venture etc.).

I primi risultati di tali indagini sono confluiti in un paper[13], presentato alla conferenza Rethinking Clusters 2023, che analizza e commenta di un’indagine qualitativa condotta dal Gruppo nel periodo febbraio-aprile 2023 attraverso 11 Focus Group nazionali relativi 6 Paesi (Repubblica Ceca, Francia, Grecia, Italia, Polonia e Turchia). Il contributo principale del paper è proporre una ricognizione aggiornata delle practice di successo ed una serie di raccomandazioni di policy applicabili a livello regionale ed indicare alcuni esempi significativi di Open Innovation da replicare in contesti regionali simili.

Il lavoro del Gruppo “Open4U, durato 2 anni, ha anche dato luogo ad un “Catalog of Open Innovation Practices” e ad una Applicazione di auto-apprendimento ed auto-valutazione per Smartphone disponibile sia per Android che iOS.

Il primo è un ampio database di oltre 120 buone pratiche e casi di successo rilevati nell’ambito dei 6 paesi partner, con analisi dettagliata dello scenario/contesto di riferimento di ciascun case study, l’illustrazione della soluzione Open e delle motivazioni del suo successo e con suggerimenti per la sua replica in contesti simili.

Figura 3 – Catalogo interattivo pratiche Open Innovation

Durante la composizione del Catalogo si è visto come la cultura aziendale possa svolgere un ruolo essenziale sia nella sensibilizzazione che nella diffusione delle pratiche di Open Innovation, sfruttando vantaggi di rete, la formazione ed il rafforzamento delle capacità gestionali ed istituzionali. I gruppi target, composti da autorità locali, imprenditori, società e pubblico in generale, hanno mostrato la misura in cui l’Open Innovation possa accelerare lo sviluppo e risolvere persino problemi complessi. Molti organismi si impegnano sempre più a progettare e realizzare programmi di formazione in collaborazione con le istituzioni accademiche e VET provider tentando di trasmettere visioni e pratiche per la sua concreta implementazione. In definitiva la tendenza complessiva intravista durante la raccolta dei dati di ricerca consiste essenzialmente nel tendere a costruire e sostenere ecosistemi di Open Innovation collaborativi e che incoraggiano progetti e soluzioni comuni facilitando, attraverso spazi e momenti di condivisione, la nascita di partnership e operando da match-maker tra idee, problemi e soluzioni.

Fonte: Open4U – https://play.google.com/

L’App Open4U è invece una Guida Interattiva per Smartphone che consente di apprendere, e valutare in corso d’opera, i propri progressi e le proprie conoscenze in tema di Open Innovation. L’App si snoda seguendo due percorsi formativi calibrati su due profili distinti: junior (studente, giovane ricercatore, tirocinante, neo-assunto) e senior (professionista, consulente, docente, formatore, impiegato, dirigente). Per ciascuno di essi è prevista una sezione di istruzione/formazione, una sezione di casi e soluzioni ed infine un set di test interattivi di apprendimento con relativo meccanismo di autovalutazione e scoring.

La Guida consente all’utente profilato, sia esso junior che senior, di costruirsi un percorso di autoapprendimento personalizzato basato sulle proprie conoscenze iniziali ed in ragione degli obiettivi che intende raggiungere. A corredo di un set di concetti e principi principali di gestione ed organizzazione aziendale, con focus sull’Innovazione, l’App ha una sezione di role playing nella quale propone una serie di casi di studio e scenari realistici all’interno dei quali vengono prospettate soluzioni alternative. L’utente, proiettato in situazioni e contesti ben descritti, ed assumendo ruoli decisionali e/o operativi, deve proporre soluzioni a problemi prospettati e verificarne la fattibilità ed efficacia. Gli scenari sono suddivisi in cluster a seconda dell’intervento risolutivo necessario e cioè leadership, soluzioni IT, marketing, team management etc.

Il set di autovalutazione di fine percorso è composto da una serie di test di grado di difficoltà crescente e tipologia distinta: dal classico test a risposta multipla, al sentence matching. È infine possibile salvare i propri test per ottenere ed avere sempre sotto controllo il proprio track record.

Naturalmente si tratta di strumenti da inquadrarsi in un più ampio fascio di interventi il cui sforzo maggiore è quello di convergere in maniera armonica verso un cambiamento culturale all’interno delle organizzazioni, azione affatto semplice considerata la naturale vischiosità della risposta delle unità organizzative a nuove sollecitazioni e sfide. Tuttavia, considerando l’accelerazione significativa che il cambiamento organizzativo ha avuto negli ultimi tempi ed i conseguenti benefici che possono trarre coloro che sono in grado di tenerne il ritmo, diventa fondamentale la capacità innovativa e relazionale degli organismi aziendali[14].

Certo è che, anche se i prerequisiti ambientali e infrastrutturali giocano un ruolo essenziale nel far nascere e sostenere l’innovazione, ce n’è un altro, altrettanto importante che consiste nel l’atteggiamento che si deve adottare per accettare di pensare in modo diverso al fine di cogliere i segnali giusti, sia all’interno che all’esterno dell’organizzazione e/o del proprio consueto inner circle. Open Innovation significa proprio cogliere tutti quei segnali, anche i più deboli, essere curiosi e aperti, esistere e agire nel proprio ecosistema e in quelli coi quali in diverse maniere ed a diversi livelli è possibile, o addirittura conviene, relazionarsi.

[1] Moleka, P. (2024). Innovationology: A Comprehensive, Transdisciplinary Framework for Driving Transformative Innovation in the 21st Century. OSF Preprints, Center for Open Science., September 2024

[2] Holloway, C., Morgado Ramirez, D. Z., Bhatnagar, T., Oldfrey, B., Morjaria, P., Moulic, S. G., … Sujatha, S. (2021). A review of innovation strategies and processes to improve access to AT: Looking ahead to open innovation ecosystems. Assistive Technology, 33(sup1), 68–86.

[3] Di Palo G., Uzunova M.  A survey of Open Innovation ecosystems and practices within six countries for regional policy recommendations, Rethinking Clusters 2023, Universitat Politècnica de València September, 2023

[4] Hu, F., Qiu, L., Wei, S., Zhou, H., Bathuure, I. A., & Hu, H. (2024). The spatiotemporal evolution of global innovation networks and the changing position of China: a social network analysis based on cooperative patents. R&D Management, 54(3), 574-589.

[5] Henry W. Chesbrough, The Era of Open Innovation, MIT Sloan Management Review, Spring 2003 Vol.44 No.3

[6] Ruben H.A.J. Ogink, Martin C. Goossen, A. Georges L. Romme, Henk Akkermans,Mechanisms in open innovation: A review and synthesis of the literature, Technovation,Volume 119, 2023.

[7] Sandhi, Agung Fitra, Bahtiar Usman, and Wahyuningsih Santosa. “The Influence of Corporate Entrepreneurship, Industry 4.0 Adoption, Digital Transformation Capability on Business Performance Mediated by Employee Engagement in the Telecommunication Industry in Indonesia.” International Journal of Economics, Business and Management Research, Vol. 8, No.06; 2024

[8] Orieno, O. H., Udeh, C. A., Oriekhoe, O. I., Odonkor, B., & Ndubuisi, N. L. (2024). Innovative management strategies in contemporary organizations: a review: analyzing the evolution and impact of modern management practices, with an emphasis on leadership, organizational culture, and change management. International Journal of Management & Entrepreneurship Research, 6(1), 167-190.

[9] Falcke, L., Zobel, A. K., & Comello, S. D. (2024). How firms realign to tackle the grand challenge of climate change: An innovation ecosystems perspective. Journal of Product Innovation Management, 41(2), 403-427.

[10] Adama, H. E., & Okeke, C. D. (2024). Digital transformation as a catalyst for business model innovation: A critical review of impact and implementation strategies. Magna Scientia Advanced Research and Reviews, 10(02), 256-264.

[11] https://op.europa.eu/en/publication-detail/-/publication/8a4a4a1f-3e68-11ef-ab8f-01aa75ed71a1/language-en

[12] https://op.europa.eu/en/publication-detail/-/publication/8a4a4a1f-3e68-11ef-ab8f-01aa75ed71a1/language-en

[13] https://www.imd.org/centers/wcc/world-competitiveness-center/rankings/world-competitiveness-ranking/rankings/wcr-rankings/#_tab_Rank

[14] https://issuu.com/docs/17bac7de04564be7a650c57ebc90e099

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