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Digitalizzazione e amministrazioni locali nel PNRR

di Maria Laura Esposito e Rosario Salvatore*

Il dibattito sul Pnrr è, più che mai, nel vivo: analisi politico-programmatica, si sommano a valutazioni tecnico-operative, in base ai contenuti delle schede inviate alla Commissione Europea, nonché dei provvedimenti che il Governo sta producendo. Non da ultimo, il decreto “semplificazioni”, che introduce una serie di disposizioni ad hoc a beneficio dello snellimento delle procedure per la realizzazione degli interventi del Pnrr, nonché una serie di presidi di rafforzamento della governance.

IL PIANO. Il completamento dell’Agenda Digitale rappresenta una delle priorità del Piano. Un obiettivo sul quale si concentra una quota rilevante di risorse (7.41 mld/€) e che coinvolge soggetti e autorità pubbliche, così come stakeholders privati e per il quale è stato immaginato un sostegno mirato per una rapida attuazione. La struttura del Piano, per quanto articolata e complessa, presenta, infatti, forti tratti di coerenza e linearità, sia in termini di continuità tecnico-operativa, che di copertura geografica e tematica. Gli investimenti, infatti, interessano l’infrastruttura – ad esempio la creazione della piattaforma nazionale “cloud” – la componente immateriale – tra cui dati, interoperabilità e servizi – come pure interventi di capability e riduzione del digital divide. Per altro verso, la sfida sarà riuscire a coinvolgere non solo le PA centrali, ma anche la pluralità degli enti locali territoriali e le diramazioni periferiche del sistema socio-economico, comprese scuola e sanità.

LA GOVERNANCE. Una prima riflessione – anche preliminare rispetto ai contenuti – attiene la governance del processo, che, come il resto del Piano, risulta fortemente centralizzata in capo alla Presidenza del Consiglio e al Dipartimento per la Transizione Digitale (DTD), nonché tesa ad assicurare l’univocità della strategia e degli interventi sull’intero territorio nazionale. Investimenti e riforme, infatti, muovono verso una medesima direzione, che trova sintesi nella scelta di istituire un Ufficio di trasformazione nazionale, composto da un team centrale, abbinato a “squadre” locali di implementazione, con il compito di supportare gli enti pubblici territoriali. Anche le modalità di reperimento delle risorse per il supporto tecnico – poco meno di 1.500 unità che dovranno assicurare la continuità del rapporto tra amministrazioni centrali ed enti locali – sembrano testimoniare la volontà forte di governare l’intero processo dal centro. Analogamente, in tema di investimenti, il Piano sembra orientarsi verso uno schema di governance univoca e centralizzata. L’analisi dei principi di attuazione dei principali interventi, come si vedrà, conferma la volontà di scelte operative standard e centralizzate, successivamente estese a utenti e ad amministrazioni locali o periferiche.

Fonte: PNRR (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza)

GLI INVESTIMENTI. Obiettivo finale del Piano, come detto, è la completa transizione digitale della PA, a cominciare dalla migrazione dei dati verso un ambiente cloud condiviso. L’obiettivo è la dismissione dei data-center obsoleti e la migrazione verso infrastrutture più affidabili e sicure. Le amministrazioni potranno scegliere se migrare verso il Polo Strategico Nazionale (PSN) – la nuova infrastruttura pubblico-privata da realizzarsi entro la fine del 2022 – oppure verso cloud “public”, gestiti da uno tra gli operatori di mercato precedentemente certificati (valore intervento 0.90mld/€). In secondo luogo, le principali Amministrazioni centrali (tra cui INPS e INAIL) saranno coinvolte in un progetto complessivo che prevede, tra l’altro, l’accelerazione dei processi di digitalizzazione di procedure e documenti, di gestione del personale, nonché di riassetto dei sistemi e di miglioramento dell’accesso ai servizi (0.61mld/€). Il tema della cittadinanza digitale sarà al centro dell’intervento per il miglioramento della qualità e della fruibilità dei servizi, mediante il rafforzamento delle piattaforme digitali nazionali (tra cui PagoPA e l’app “IO”), del sistema di identità digitale (SPID e CIE), nonché con l’introduzione di nuovi servizi (piattaforma unica degli avvisi pubblici digitali) o sperimentazioni, tra cui la “Mobility as a Service”, che prevede integrazione di più mezzi di trasporto (e-bike, autobus, car-sharing) attraverso piattaforme di intermediazione (2.01mld/€).

Il percorso di crescita della dimensione digitale del sistema-paese, prevede anche investimenti in cybersecurity, finalizzati al rafforzamento dei presidi per la gestione di alert ed eventi a rischio (mediante la creazione e l’attuazione del “Perimetro di Sicurezza Nazionale Cibernetica”), nonché delle strutture operative e delle capacità di cyber-difesa delle principali amministrazioni centrali (tra cui Polizia, Carabinieri e Guardia di Finanza) (0.62mld/€).

IL PIANO E GLI ENTI LOCALI. Oltre al livello nazionale, il Piano prevede anche investimenti a beneficio delle amministrazioni locali. Attraverso la predisposizione di tre distinte call – dedicate a comuni, scuole e strutture sanitarie – saranno assicurati “pacchetti” completi (competenze tecniche e risorse finanziarie) a supporto del trasferimento di banche-dati e applicazioni. Le PA locali saranno libere di scegliere – all’interno di una lista pre-approvata – a quale dei provider certificati rivolgersi, avendo a disposizione un voucher a copertura dei costi di migrazione “end-to-end”, inclusi lo sviluppo del piano, l’esecuzione e la validazione delle applicazioni (1 mld/€). Parallelamente, sarà ulteriormente sviluppato anche il tema dell’interoperabilità dei dati, estendendo il principio “once only”, per consentire che le informazioni fornite dai cittadini siano a disposizione “una volta per tutte”. A questo fine, sarà predisposta una “Piattaforma Nazionale Dati”, che offrirà un catalogo di “connettori automatici” (le cosiddette “API” – Application Programming Interface) consultabili e accessibili tramite un servizio dedicato, evitando al cittadino di dover fornire più volte la stessa informazione ad amministrazioni diverse. Un’iniziativa che coinvolgerà una vasta platea di circa 12mila amministrazioni centrali e locali, tra cui Regioni, Comuni, province e città metropolitane, università e altri enti pubblici (0.65mld/€).

Non da ultimo, il Piano anche interventi in competenze digitali di base, in particolare a favore delle fasce di popolazione a maggior rischio digital-divide. Accanto al Servizio civico digitale – la rete di giovani volontari attivata per fornire formazione alle persone a rischio di esclusione digitale – saranno creati 2400 nuovi centri di facilitazione digitale – punti di accesso fisici dove i cittadini potranno accedere a corsi sulle competenze digitali – di cui circa 1.200 nel Sud Italia (0,20mld/€). Nel complesso, un insieme di riforme e degli investimenti che tracciano un percorso globale che, almeno nelle intenzioni, dovrà condurre – da qui al 2026 – alla piena digitalizzazione della pubblica amministrazione a tutti e al conseguente rafforzamento dell’ambiente in cui operano imprese e cittadini.

DALLA PARTE DEGLI ENTI LOCALI. Una scommessa sicuramente ambiziosa e non priva di rischi – a cominciare da quelli connessi all’attuale basso livello di operatività dei sistemi digitali – ma che punta ad innalzare di molto l’asticella della sfida, fino a far diventare il Paese un unico, grande e interconnesso ecosistema digitale, capace abbattere le barriere al dialogo e allo scambio di informazioni, sia all’interno delle Pubbliche Amministrazioni, sia tra queste, i cittadini e le imprese. Primo passo per indurre quella necessaria trasformazione del sistema, fondata sul connubio tra digitalizzazione e modernizzazione. La prima intesa come volano del processo di riforma, sotto il profilo dell’efficienza e dell’efficacia, per migliorare i servizi per cittadini e imprese. La seconda, invece, come disponibilità di una PA digitalizzata, ben organizzata e sburocratizzata, in grado di divenire valore aggiunto per lo sviluppo socio-economico.

Si tratta, in sostanza, di “semplificazione”, quale leva per rendere attrattivo un territorio, mediante interventi realmente capaci di imprimere una svolta nel senso della riduzione, anzitutto, di tempi, di procedure e oneri amministrativi. Un percorso che non potrà prescindere dal miglioramento delle infrastrutture fisiche dedicate alla connettività, come pure da un innalzamento generale del livello medio di competenze e servizi digitali negli Enti Locali. L’obiettivo dovrà, quindi, essere la creazione di una struttura multilivello, che agendo in modo sinergico e coordinato, anche con le piattaforme nazionali, possa essere in grado di offrire risposte concrete a cittadini, imprese, investitori e soggetti istituzionali interessati e raccogliere l’enorme sfida rappresentata dai processi di trasformazione digitale. Una riforma articolata e complessa che, agendo contemporaneamente su più interfacce istituzionali, sappia cambiare il volto della Pubblica Amministrazione regionale.

In prospettiva, il Piano presenta, quindi, potenzialità tali da imprimere una svolta radicale anche nelle pubbliche amministrazioni periferiche, a cominciare da investimenti e riforme mirati, atte a gettare le basi per rendere concreti e tangibili principi quali “snellimento” o “Burocrazia Zero”. Tuttavia – anche a dispetto dei potenziali (ancorché tutti da dimostrare) benefici in termini di attuazione – vale la pena di sottolineare come, nel processo di transizione, il ruolo dell’Ente locale dovrebbe andare ben oltre quello di mero “beneficiario”, assumendo, invece, i contorni di co-creatore, anzitutto per definire al meglio le condizioni per lo sviluppo. Di conseguenza, se l’obiettivo vuole essere ricostruire e rigenerare l’intero sistema socio-economico, esso deve giocoforza passare attraverso l’ammodernamento vero di tutti i livelli della pubblica amministrazione, e non limitarsi a processi meramente funzionali all’assorbimento delle risorse a disposizione (e men che meno misurato con esso). Nelle more delle scelte già operate, sarebbe, quindi, necessario (ri)pensare al ruolo (e a un sostegno) effettivo per gli Enti Locali, mettendoli nelle condizioni di superare l’imponente crisi economica e lavorativa e, insieme, di divenire, nel concreto, artefici per il rilancio dei propri territori. Viceversa, limitandosi a imporre dall’alto presidi di gestione, si corre il rischio, di vincere le risorse del Pnrr, ma di perdere la sfida per la trasformazione del Paese.

*AT FESR IFEL Campania

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