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Docenti del Terzo Millennio cercasi, per la scuola post Covid-19

di Alessandro Coppola

La qualità dell’insegnante va costruita e curata durante gli anni di studio. C’è bisogno di maestri veri capaci di essere considerati guida nella comunità scolastica

Il post pandemia per la scuola è tutto da scrivere: troppe lacune dei ragazzi ai test Invalsi, risultati non esaltanti negli OCSE PISA, italiano e matematica ai minimi termini, tassi di dispersione assai preoccupanti in alcune aree, percorsi scolastici traballanti per moltissimi alle superiori.

Al Sud, aziende e imprenditori sono alla ricerca di figure professionali fortemente specializzate, in agricoltura c’è bisogno di professionalità qualificate e, invece, calano stabilmente gli iscritti per gli istituti tecnici mentre crescono i licei. Si consolida un intreccio perverso fra andamento demografico, frenato dallo stop delle nascite, e cervelli che studiano per andarsene e non fare (forse) più ritorno. Tra non molto rimarranno nei territori d’origine solo quelli che la scuola l’hanno vista oltre mezzo secolo fa.

Oltre 70mila docenti da immettere nei ruoli vacanti, entro il 2022, con stabilizzazioni e sanatorie per precari e personale nelle infinite graduatorie d’attesa. La soluzione di sistema non può essere quella dei concorsi riservati, cioè dei non concorsi, e nemmeno quella del tutoraggio in aula, senza ingaggio sugli obiettivi di platea, prima della conferma in ruolo.

Il ruolo, nel senso di funzione e di missione per la collettività, è della scuola non del docente. Il concetto di ruolo inteso come posto fisso è il primo muro da abbattere. Il secondo, subito dopo, è quello per cui si va in classe perché non si è trovato altro come lavoro. Terzo: la qualità dell’insegnante va costruita, preparata, curata durante gli anni di studio perché c’è bisogno di maestri veri capaci di essere considerati guida nella comunità scolastica.

Insomma, un insegnante fa l’insegnante, se si sente tale ed ha le qualità per affrontare una “chiamata”, a maggior ragione dopo l’emergenza sanitaria mondiale. Non vi è il minimo dubbio sul fatto che la scuola sia cambiata un attimo dopo la prima interruzione dovuta all’emergenza sanitaria da pandemia che abbiamo chiamato lockdown.

A fasi alterne, siamo rientrati in classe, attraverso la DAD, cioè con una trasformazione radicale del modo di fare scuola, e applicando le regole di prevenzione e di distanziamento sociale per la ripresa delle attività didattiche in presenza.

È con questo straordinario sforzo collettivo che, lasciato alle spalle anche il secondo lockdown, con grande fiducia nel futuro e nei vaccini, confidiamo di affrontare l’anno scolastico che può sancire il ritorno alla quotidianità scolastica smarrita nell’ultimo anno e mezzo. Però, non dobbiamo per forza ritornare ai nastri di partenza, a dove eravamo prima, con tutti i limiti e i vincoli di un modello di scuola superato per il quale, sia all’interno che all’esterno, si reclama l’urgenza di cambiamento.

Sullo sfondo – non proprio a margine – alcune delle riforme, assai significative nel settore Istruzione. Tutte da implementare sono quelle invocate dal Next Generation Italia sul sistema di reclutamento dei docenti, mediante formazione disciplinare e laboratoriale integrata da esperienza professionale e prova nelle istituzioni scolastiche, e sull’innovazione della formazione obbligatoria in servizio per il personale della scuola, incentrato sul meccanismo dei crediti formativi professionali.

Il reclutamento e la formazione degli insegnanti è elemento fondamentale nel quadro di una strategia di sviluppo dell’intero sistema educativo perché assai debole si dimostra il contributo che la componente docente riesce ad offrire ad un mondo dei saperi che, giorno dopo giorno, si estende alle tematiche ambientali, relazionali, tecnologiche e linguistiche.

Per insegnare bisogna avere capacità emotive ed esperienza comunicativa. Bisogna avere cura del trasmettere emozioni, passioni, aspirazioni passando dalla pratica nozionistica al fascino della conoscenza.

Tutti ambiti che superano la competenza disciplinare e che possono essere coltivati in un tempo lungo di formazione, riflessione e rielaborazione della funzione di insegnante, non certo con i raffazzonati corsi annuali che rilasciano crediti professionali (formativi) attivi che poco c’entrano con l’educazione e la passione per il sapere.

In ogni disciplina lo studio della materia andrebbe accompagnato, nel solco di un approfondimento paradigmatico, dalla storia, dalla didattica, dalla scienza dell’apprendimento, dalla metodologia, dalla psicologia dell’insegnamento stesso.

La scuola necessita di investimenti sul capitale immateriale: una rinnovata missione educativa impone di investire su passioni ed emozioni capaci di incrementare sensibilità, interessi e strumenti adeguati ad un’offerta scolastica aperta a nuovi filoni formativi e, nello stesso tempo, meno dannosa e ridondante con il moltiplicarsi inutile degli indirizzi didattici e l’alternarsi di modelli evanescenti.

È l’alternanza di generazioni che modifica la scuola al suo interno, nei cromosomi, trasformandola in un organismo mutevole che cambia continuamente. Un modello di solidarietà, di istruzione inclusiva, di responsabilità verso le future generazioni si adatta naturalmente ai cambiamenti se ha insegnanti capaci di leggere, anticipare, rielaborare queste trasformazioni e di farle proprie.

Servono attività e progetti extracurriculari per tradurre nel sistema scolastico la capacità di riconoscere dall’esterno esperienze educative e professionali a valore aggiunto ma ciò non deve diventare una prassi consolidata sostitutiva dell’arricchimento dei programmi curriculari.

L’affermazione reale del diritto allo studio passa per una porticina piccola piccola dove italiano, matematica, storia, filosofia, musica, arte e tecnologia, diventano, riducendo le disuguaglianze e praticando democrazia, materie così attrattive ed affascinanti da stimolare, ossessivamente, nei ragazzi, curiosità, applicazione e creatività.

C’è bisogno di un corpo docente in grado di rendere feconde le azioni educative nei vari settori disciplinari sancendo definitivamente, quale archetipo della conoscenza ad ogni ordine e grado, un mix di rigore ed entusiasmo.

A selezionare quei docenti non serviranno commissioni ministeriali autoreferenziali ma dovranno essere chiamati insegnanti che, con anni di esperienza e abnegazione, abbiano già dimostrato di essere magìster e migliori – perché hanno saputo cambiare le sorti delle comunità scolastiche dove hanno operato – e che quelle qualità sappiano davvero riconoscerle ed esaltarle.

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