di Alessandro Coppola
Come è possibile che in un Paese con oltre due milioni di disoccupati e quasi 14 milioni di inattivi le imprese che cercano lavoratori non li trovino per assecondare le esigenze produttive e di specializzazione? E, perché, finita la scuola, la maggior parte dei giovani italiani impiega un periodo di tempo molto lungo, stimato in almeno tre anni, per trovare un lavoro regolare rispetto ai coetanei europei?
Certamente il basso tasso di crescita economica, la rigidità del sistema d’istruzione, le sfide lanciate dall’evoluzione tecnologica e dall’industria 4.0, un mercato del lavoro asimmetrico con uno stabile sovraffollamento di precari, le troppe politiche del lavoro insufficienti ai fabbisogni e un welfare inadeguato, negli ultimi decenni, non hanno contribuito a migliorare la situazione, irrigidendo il regime di transizione scuola lavoro.
I dati confermano che in Italia se un giovane si laurea in un corso quinquennale tra i 27 e i 28 anni, in ritardo di oltre venti mesi, è destinato a trovare un lavoro più o meno regolare non prima di aver compiuto trent’anni. In larga maggioranza i giovani s’impiegano stabilmente dopo i 33 anni; alla stessa età i coetanei inglesi e tedeschi hanno acquisito, in media, circa dieci anni di esperienza lavorativa.
Guardando ai dati relativi al numero di posti vacanti, in rapporto alla forza lavoro, in relazione al tasso di disoccupazione, nella curva di Beveridge per l’Italia, nel decennio 2010-2021, per le imprese con più di 10 dipendenti, risulta evidente la perdita di efficienza tra domanda e offerta di lavoro già a partire dal 2014 rispetto al triennio precedente.
L’auspicata crescita economica da sola o gli investimenti del PNRR non basteranno a ridurre il gap di esperienza lavorativa dei giovani che dipende essenzialmente dal carattere sequenziale del sistema d’istruzione in Italia e da un sistema della formazione troppo debole ad aiutare i neodiplomati a sviluppare saperi e competenze lavorative forieri di una maggiore occupabilità da parte delle imprese.
Aggiungere una massiccia dose di esperienza lavorativa – alternanza scuola lavoro, apprendistato scolastico, stage e tirocini, corsi di specializzazione – favorirebbe senz’altro transizioni più veloci.
Il tema della formazione superiore specializzata rappresenta la sfida che accompagna l’evoluzione del comparto dell’istruzione in relazione alle sinergie con il mondo produttivo e imprenditoriale per una più ampia integrazione, un rafforzamento costitutivo e una osmosi tra le filiere produttive, il progresso tecnologico e l’area delle conoscenze e competenze richieste dal mercato del lavoro.
Esiste, per quanto piuttosto sconosciuto ai più, ai ragazzi e alle ragazze degli istituti tecnici e dei professionali, alle loro famiglie, un sistema regionale e nazionale degli Istituti Tecnici Superiori che può rappresentare una possibile risposta alle aspirazioni dei giovani quanto alle richieste di competenze da parte delle imprese.
Con riferimento al sistema nazionale degli ITS incombe l’urgenza di attuazione dei piani di investimento del PNRR, una iniziativa legislativa a Roma, una acclarata inefficienza dell’incontro tra offerta e domanda di lavoro.
Nel quadro attuale, sospinto da transizione digitale e transizione ecologica, in coerenza con la riconducibilità dei fabbisogni formativi e dei profili emergenti alle figure professionali da formare, è necessario – addirittura urgente – analizzare le principali possibili traiettorie di sviluppo.
Il sistema di formazione superiore
La formazione terziaria degli ITS è articolata in Percorsi di Specializzazione Tecnica Post Diploma, riferiti alle aree considerate prioritarie per lo sviluppo economico e la competitività del Paese, realizzati secondo il modello organizzativo della Fondazione di partecipazione in collaborazione con imprese, università/centri di ricerca scientifica e tecnologica, enti locali, sistema scolastico e formativo. Gli ITS costituiscono il segmento di formazione terziaria non universitaria che risponde alla domanda delle imprese di nuove ed elevate competenze tecniche e tecnologiche per promuovere i processi di innovazione. Rappresentano un’opportunità di assoluto rilievo nel panorama formativo italiano in quanto espressione di una strategia nuova fondata sulla connessione delle politiche d’istruzione, formazione e lavoro con le politiche industriali, con l’obiettivo di sostenere gli interventi destinati ai settori produttivi con particolare riferimento ai fabbisogni di innovazione e di trasferimento tecnologico delle piccole e medie imprese.
Gli ITS offrono numerosi corsi professionalizzanti relativi a 6 Aree Tecnologiche: Efficienza energetica, Mobilità sostenibile, Nuove tecnologie della vita, Nuove tecnologie per il Made in Italy (Sistema agroalimentare, Sistema casa, Sistema meccanica, Sistema moda, Servizi alle imprese), Tecnologie innovative per i beni e le attività culturali –Turismo, Tecnologie della informazione e della comunicazione. Per ciascuna Area, sono individuati Ambiti specifici e Figure nazionali di riferimento atti a diversificare l’offerta formativa in modo che la stessa sia coerente con la filiera produttiva presente sul territorio.
Ad oggi sono previste 29 Figure nazionali di riferimento afferenti a 17 Ambiti cui corrispondono le cosiddette “macro-competenze tecniche” da possedere al termine dei percorsi, e cioè, cosa il diplomato ITS “conosce” e cosa “sa fare concretamente”. Ogni ITS definisce, per ciascuna Figura nazionale di riferimento, uno specifico profilo tecnico professionale sulla base delle esigenze del territorio in cui opera. Accedono ai percorsi, a seguito di selezione, i giovani e gli adulti (18-35 anni) in possesso di diploma di istruzione secondaria superiore e coloro che siano in possesso di un diploma quadriennale di istruzione e formazione professionale e che abbiano frequentato un corso annuale integrativo di istruzione e formazione tecnica superiore. Una buona conoscenza dell’informatica e della lingua inglese costituisce requisito preferenziale per l’ammissione ai percorsi. Vi è tuttavia la possibilità di frequentare moduli di specifica preparazione, finalizzati a “riallineare” le competenze mancanti.
Gli obiettivi principali sono: acquisire, dopo il diploma, un’alta specializzazione tecnologica indispensabile per un inserimento qualificato nel mondo del lavoro; formare Tecnici Superiori in grado di inserirsi nei settori strategici del sistema economico-produttivo del Paese; sviluppare metodi per l’innovazione e il trasferimento tecnologico alle piccole e medie imprese; privilegiare una didattica esperienziale dove l’apprendimento si realizza attraverso l’azione e la sperimentazione di situazioni, compiti, ruoli affrontati in situazioni di incertezza e complessità, simili alla realtà lavorativa di tutti i giorni; orientare i giovani verso le professioni tecniche. Almeno il 30% della durata dei corsi è svolto in azienda stabilendo subito un legame molto forte con il mondo produttivo attraverso stage anche all’estero; il corpo docente proviene per almeno il 50% dal mondo del lavoro; i corsi si articolano di norma in quattro semestri, 1800/2000 ore, e possono arrivare fino a sei semestri. Al termine del corso si consegue il Diploma di Tecnico Superiore con la certificazione delle competenze corrispondenti al V livello del Quadro europeo delle qualifiche – EQF.
Un dato fondamentale è che oltre l’80% dei giovani che conseguono il diploma ITS trova impiego stabile entro dodici mesi dalla conclusione del percorso formativo. Il dato risulta particolarmente significativo perché riferito al 2020 nonostante l’esplosione della crisi pandemica e del lockdown. Ma, sono troppo pochi – circa tremilacinquecento ogni anno nell’ultimo triennio – tant’è che negli obiettivi del Governo rimane prioritario triplicare il numero dei diplomati.
La situazione in Campania
In Campania sono attivi nove ITS di cui 2 afferenti all’Area Mobilità sostenibile, 1 all’area Tecnologie innovative per i beni e le attività culturali – Turismo, 2 all’area Efficienza energetica e 3 all’area Nuove tecnologie per il Made in Italy – Sistema moda e 1 all’area Nuove tecnologie per il Made in Italy – Sistema meccanica. Tra il 2016 e il 2021 è stato destinato un investimento complessivo di oltre 20 milioni di euro per il sistema regionale degli ITS campani.
È programmata inoltre la costituzione di sette nuove Fondazioni di Istruzione Tecnica Superiore in aree tecnologiche e competitive coerenti a quelle definite nelle strategie di sviluppo, ricerca e innovazione per la specializzazione intelligente – strategia RIS3 (Research Innovation Strategy 3): n. 1 ITS nell’Area Nuove tecnologie della vita; n. 1 ITS nell’Area Tecnologie dell’informazione e della comunicazione – Organizzazione e fruizione dell’informazione e della conoscenza; n. 1 ITS nell’Area Tecnologie dell’informazione e della comunicazione – Architettura e infrastrutture per i sistemi di comunicazione; n. 1 ITS nell’Area Tecnologie innovative per i beni e le attività culturali – Turismo – Beni culturali e artistici – Produzione e artefatti di eccellenza e progettazione e cura del paesaggio e dell’ambiente; n. 3 ITS nell’Area Nuove tecnologie per il Made in Italy – Sistema agro-alimentare; Servizi alle imprese; Sistema casa.
In relazione ai settori strategici regionali basta interrelare le rilevazioni relative alle macroaree professionali con l’indagine funzionale svolta attraverso le sezioni Unioni industriali e le grandi aziende e con l’osservazione sulle ricerche di personale, negli ultimi sei mesi, nel territorio campano, desunte dai portali dei maggiori motori di ricerca di lavoro (Monster, Indeed, InfoJobs, LinkedIn) ed incrociare i dati per la Campania sulla domanda dei profili professionali, analizzati in uno scenario evolutivo assai dinamico, nei Rapporti SVIMEZ 2020, ANPAL 2020, OBR Campania.
Lo scenario generato dalla pandemia impone, in tema di collegamento tra il settore dell’Istruzione e il mondo delle imprese, ancor più che nel recente passato, una riflessione attenta sui profili e le figure professionali richiesti dal mercato del lavoro.
Di conseguenza, è necessario un rinnovato approccio proattivo alla ridefinizione dell’offerta formativa superiore in linea con i nuovi fabbisogni educativi, formativi ed esperienziali emergenti e le nascenti traiettorie di sviluppo produttivo regionale insite all’attuale fase di ripresa e ripartenza.
Le traiettorie di sviluppo
Il PNRR affronta, tra gli altri, il tema di intervento che riguarda lo “skill mismatch” tra educazione e mondo del lavoro, perseguendo l’ampliamento delle competenze nelle scuole, nelle università e presso le aziende e i lavoratori. La tabella evidenzia alla voce Sviluppo e riforma degli ITS uno stanziamento nazionale NGEU pari a 1,5 miliardi di euro. Si potenzierà l’offerta formativa, in particolare in discipline abilitanti 4.0, e correlate alla vocazione produttiva del territorio di riferimento.
Si investirà nell’ammodernamento tecnologico e della dimensione strutturale degli istituti tecnici superiori, anche attraverso l’istituzione di forme di collaborazione congiunta (es. laboratori) pubblico-privati e verranno introdotti i moduli di orientamento nelle scuole secondarie di secondo grado. Si rafforzeranno gli Istituti Tecnici Superiori con l’obiettivo di aumentarne in 5 anni gli studenti e creando una maggiore osmosi fra ITS e percorsi universitari. Si apriranno percorsi di formazione terziaria professionalizzante per i “drop out” universitari e consentendo il riconoscimento di crediti universitari ai diplomati degli ITS. Il successo delle iniziative di formazione superiore, non solo in Campania ma in tutto il Paese, non è del tutto scontato ed è subordinato all’introduzione di concrete innovazioni di sistema.
In particolare, può tornare utile sottolineare alcune problematiche e urgenze: la definizione di nuove figure professionali negli ambiti tematici di riferimento con particolare attenzione ai settori e ai comparti produttivi a maggiore velocità di cambiamento e innovazione; l’esplicitazione organica degli standard minimi di efficienza/efficacia delle azioni sviluppate; la programmazione finanziaria in linea con gli obiettivi di stabilità, durabilità e replicabilità delle iniziative formative più performanti in termini di esiti e competenze in uscita, riduzione dei tassi di abbandono, placement; la pianificazione di sostegno gestionale, operativo e finanziario alla governance; la programmazione di politiche di comunicazione e orientamento integrate su base regionale per il rafforzamento della leadership degli ITS nel panorama formativo ed esperienziale post-diploma.
Non proprio una banale passeggiata riformatrice, la strada però è tracciata.