di Dario Nardella*
Da Milano a Roma, da Parigi a Napoli, da Rotterdam a Barcellona e Varsavia il network delle medie e grandi città europee di Eurocities lancia da Piazza Santa Croce un messaggio di pace e speranza: “cities stand with Ukraine”. L’Europa, quando vuole, sa parlare con un’unica voce
Firenze non si volta dall’altra parte, mai. La situazione in Ucraina non può lasciarci indifferenti. Oltre due mesi e più di guerra ci hanno lasciato attoniti e sgomenti. Le immagini che arrivano quotidianamente dalle città ucraine sono atroci e ci interrogano: come possiamo fermare questa barbarie? Le città non hanno eserciti, non hanno armi, non siedono ai tavoli dei negoziati. Ma non possono tacere, non devono mancare di far sentire forte la propria voce.
A marzo scorso abbiamo organizzato una grande manifestazione per la pace: piazza Santa Croce era gremita di persone che avevano una sola parola nel cuore, la parola pace. Ma idealmente eravamo milioni: la manifestazione, infatti era stata ideata in seno a Eurocities, il più grande network delle medie e grandi città europee che rappresenta oltre 130 milioni di persone e di cui sono presidente. In Italia hanno subito sposato l’idea i capoluoghi più grandi, da Milano a Roma, da Torino a Napoli, da Palermo a Bologna, mentre all’estero hanno detto di sì Parigi, Marsiglia, Nizza, Rotterdam, Braga, Cluj-Napoca, Brașov. La manifestazione è a poco a poco cresciuta: Zagabria, Barcellona, Tuzla, Atene, Varsavia, Tallin, Riga, Dresda: oltre 150 città europee si sono ritrovate sabato 12 marzo con un’unica parola d’ordine “cities stand with Ukraine”.
Il messaggio politico è stato senza dubbio forte. Santa Croce a livello italiano ha unito le forze europeiste, democratiche e riformiste del Paese, senza ambiguità, senza nessuna equidistanza tra un Governo aggressore e un popolo aggredito. Un’unità che ha caratterizzato anche il fronte sindacale, un fatto non scontato e di grande rilevanza politica e sociale. Quella piazza ci ha chiesto cose importanti. La diplomazia è l’unica vera strada maestra da seguire e l’Europa farà la sua parte senza sconti. La nostra manifestazione è stata un’iniziativa europea per reclamare subito la pace. È stato un mosaico di piazze colorate dei colori della pace e della bandiera ucraina, gravate dal pensiero costante dei bombardamenti, unite contro l’invasione russa e per la pace. Si è trattato di un’iniziativa davvero inedita, un segno però inequivocabile che l’Europa può e deve parlare con una sola voce.
In questi giorni di guerra è apparso chiaro come il vecchio continente abbia, tra i propri vulnus, anche quello della politica estera. La manifestazione che avevamo in mente, lungi dall’essere la sua cura, voleva però dimostrare che l’Europa, quando e se vuole, può parlare tutta insieme. E per farlo è giusto cominciare a coinvolgere coloro che sono più vicini alle voci dei propri cittadini, ovvero i sindaci e le comunità locali. Ho ancora ben impresse in mente le immagini di quel giorno. In piazza hanno risuonato 17 rintocchi delle campane della Basilica, tanti come erano i giorni di guerra allora. Dal palco ha parlato, in un collegamento video, il presidente dell’Ucraina Volodymyr Zelensky: ricordate il numero 79, ha detto, è il numero dei bambini uccisi finora nella guerra. Un numero tragicamente aumentato e in aumento, giorno dopo giorno. Se non verrà fatto nulla per fermare la Russia, ha ammonito Zelensky, la guerra arriverà in altri stati europei. Da Santa Croce ha lanciato messaggi anche la presidente del Parlamento europeo Roberta Metsola, che ha detto: “Siamo al fianco degli uomini e donne che combattono contro questa invasione ingiustificata. Condanniamo l’aggressione ed esprimiamo la nostra solidarietà a chi soffre”.
A prendere la parola anche il sindaco di Kiev Vitalij Klyčko, con un messaggio inviato alla piazza: “ognuno di voi ha una foto dei vostri cari sul telefono. Noi non ce ne rendiamo conto ma sappiamo che queste foto non sono le ultime di queste persone, perché siamo convinti che vedremo di nuovo le persone da noi amate, vedremo come crescono i nostri bambini”. Kiev è gemellata con Firenze dal 1967, un’amicizia lunga oltre 50 anni che ha sfidato anche la guerra fredda. Un sindaco cattolico, quale era Piero Bargellini all’epoca, arrivò fino in Urss a reclamare un accordo con una città che considerava vicina e affine. Una missione quasi inimmaginabile. Un messaggio potente, un legame tra città che resiste ancora oggi e che ci porta a riflettere ancora di più sulla forza che le comunità locali possono avere. Le città non sono solo facili bersagli delle armi nemiche, ma hanno capacità e volontà per contare davvero.
Con il sindaco di Kiev il contatto è costante. Klyčko ha anche partecipato in collegamento a una seduta del consiglio comunale di Firenze. Gli ho ribadito che la città non farà mai mancare il supporto al popolo ucraino e alla città di Kiev alla quale ci sentiamo più legati che mai. Gli ho assicurato che la città di Firenze e tutte le città europee spingeranno con tutte le proprie forze perché si acceleri l’ingresso dell’Ucraina nell’Unione Europea. Il suo intervento è stato molto commovente e molto forte. Lo sento spesso, siamo in contatto telefonico non solo per il gemellaggio ma perché Kiev è anche membro di Eurocities, come altre città ucraine.
Onoreremo con tutta la forza possibile il gemellaggio con la capitale ucraina. Lo stiamo già facendo con molte iniziative e continueremo fino a quando la guerra non finirà e anche oltre, impegnandoci fin da ora nel dare ogni supporto alla ricostruzione della nostra città sorella Kiev e di altre città ucraine. Intanto, sul fronte dell’accoglienza Firenze sta facendo molto. Grazie all’intervento della Misericordia e di ITA Airways abbiamo predisposto un aereo cargo che ha portato a Kiev, attraverso la base di smistamento di Leopoli, 12 tonnellate di beni di prima necessità. Lo stesso aereo ha portato in Toscana un’ottantina di donne e bambini, anche orfani. Grazie alla collaborazione dello Stato italiano e della prefettura, con il coordinamento della Regione, oggi nell’area metropolitana fiorentina contiamo oltre 1500 rifugiati. Di questi oltre un terzo sono minori.
Eurocities ha già stabilito un contatto con la commissaria Ue agli Affari interni Ylva Johansson, con la quale vogliamo condividere una piattaforma per garantire quanti più aiuti possibili ai rifugiati ucraini e supportare le città dei Paesi confinanti, in particolare Polonia e Romania, per assorbire il peso impressionante dell’arrivo dei profughi: secondo le stime più aggiornate dell’Alto commissariato per i rifugiati dell’Onu sono più di 4,3 milioni le persone che sono fuggite dall’Ucraina, il 90% di questi sono donne e bambini. L’Europa non vedeva una tale ondata di profughi dalla Seconda Guerra Mondiale.
“I sindaci hanno un ruolo chiave affinché lo stato di diritto sia sempre garantito nella vita quotidiana dei cittadini. Condanniamo l’aggressione ed esprimiamo la nostra solidarietà a chi soffre. L’Europa comincia nelle sue città e nei suoi comuni”. Lo ha detto la presidente Metsola a Santa Croce. Un messaggio che faccio proprio e che non mi stancherò di ripetere e di riportare in tutte le sedi. Dalle città si è alzato un grido forte contro la guerra. I Governi ne tengano conto. Eurocities ha dato prova di maturità e di essere in grado di intercettare i sentimenti dei propri cittadini. L’Europa deve e può trovare una via comune che parta proprio dalle piazze di quelle città.
*Sindaco di Firenze e Presidente di Eurocities