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I dati e le informazioni del Sistema CPT al servizio dei processi decisionali

di Gaetano Di Palo

Le discipline economiche, e non solo quelle aziendalistiche, concordano nel ritenere che i processi decisionali che si svolgono all’interno degli organismi più o meno complessi e dai quali promanano scelte strategiche, tattiche ed anche in una certa misura quelle operative, non possono fondarsi sulla mera adozione di formule semi-predittive non rigorose e legate sovente all’applicazione di modelli estimativi basati sull’osservazione del passato – ancorché questo sia stato di successo – bensì debbano corrispondere al momento conclusivo di un più lungo e complesso sviluppo di disamine, riflessioni, comparazioni, valutazioni e previsioni nel quale le modalità ed i tempi di acquisizione ed elaborazione dei dati e delle informazioni assumono un ruolo cruciale, e comunque indispensabile.

Tale riconoscimento è dimostrato anche dal proliferare di metodologie sempre più sofisticate che, insieme a quelle più tradizionali di raccolta, elaborazione ed interpretazione dei dati, contribuiscono sempre più ad indirizzare l’attenzione dei decisori verso il ricorso a strumenti appartenenti alle discipline economiche e statistiche nelle loro attività di selezione e individuazione di policy – e tale circostanza è fortunatamente ravvisabile non soltanto nel mondo delle imprese, ma anche nei vari domini della Pubblica Amministrazione, ivi incluso quello degli enti locali.

Tra gli strumenti messi a punto nell’ambito delle discipline aventi ad oggetto lo studio dei processi decisionali, e molti dei quali collaudati con successo sul campo, particolare ruolo rivestono quelli elaborati in riferimento alle tecniche di formulazione delle previsioni e di determinazione dei rischi connessi alle decisioni potenzialmente prospettabili. Tali informazioni consentono di individuare, o per lo meno di perimetrare, le eventuali aree di criticità che caratterizzano una particolare policy allo studio del decisore politico, in special modo quando si tratta di stimare il valore pubblico creato e l’impatto di interventi ed investimenti da realizzarsi in condizioni di elevata incertezza di scenario prospettico sociale ed ambientale.

Di tali temi si è ampiamente discusso il 17 novembre a Napoli, durante il Convegno Nazionale sui dati e le informazioni del Sistema CPT al servizio dei processi decisionali, evento scientifico organizzato della Direzione Generale Risorse Finanziarie della Regione Campania in collaborazione con la Fondazione IFEL Campania. Il Sistema dei Conti Pubblici Territoriali (CPT) ha come obiettivo misurare ed analizzare i flussi finanziari di entrata e di spesa delle amministrazioni pubbliche e di tutti gli enti per i quali venga previsto un controllo da parte dei soggetti pubblici; le informazioni prodotte dai CPT fanno dunque riferimento all’universo Settore Pubblico Allargato (SPA) che contiene a sua volta la Pubblica Amministrazione (PA) e l’Extra Pubblica Amministrazione. Il Sistema si articola in una struttura a rete regionale coordinata dal Nucleo Centrale presso Unità di Valutazione degli Investimenti pubblici (UVAL) del Dipartimento per lo Sviluppo e la Coesione economica e da 21 Nuclei attivi in tutte le Regioni e Province Autonome. I dati CPT sono dettagliati a livello regionale e la serie storica ricopre il periodo di osservazione 2000-2020; in più, dal 2004, la Banca dati CPT fa anche parte del SISTAN (Sistema Statistico Nazionale), contribuendo a fornire un’informazione statistica ufficiale per l’Italia.

L’incontro ha rappresentato una interessante occasione di confronto fra tutti i Nuclei Regionali dei Conti Pubblici Territoriali per condividere esperienze e soluzioni in tema di raccolta, elaborazione e fruizione delle informazioni derivanti da contabilità, bilanci, statistiche e proiezioni economiche al servizio dei decisori politici regionali con un focus di approfondimento sul settore Sanità, comparto di enorme impatto sociale e che assorbe oltre l’80% delle risorse dei bilanci regionali.

L’idea di fondo del Convegno è quella di mostrare ad un pubblico più allargato una rassegna ragionata delle attività che il Sistema CPT svolge per consegnare dati economico-finanziari che poi potranno essere elaborati, aggregati, disaggregati e analizzati a totale giovamento della macchina amministrativa, nel senso più lato del termine. Il ruolo dei Conti Pubblici Territoriali è per l’appunto raccogliere dati, elaborarli – facendo uso di varie metodologie, tecniche, strumenti e modelli – e poi metterli a diposizione di chi deve decidere. Sono questi incontri tecnico-scientifici opportune occasioni di confronto, affinché tutti gli studiosi ed i practitioner possano mettere insieme le proprie esperienze e condividerle, evitando inutili duplicazioni negli sforzi e facendo sì che ciascuno possa giovarsi del lavoro svolto dagli altri.

Lo spirito del Convengo traspare chiaramente anche dalle parole proprio del Responsabile dell’intero Sistema CPT, Andrea Vecchia: «Gli incontri dei Nuclei CPT sono un momento in cui si rappresenta quanto sia grande questa infrastruttura della conoscenza del nostro Paese e della nostra Pubblica Amministrazione. Conoscere serve a comportarsi meglio, per fare meglio il proprio lavoro, sia per i dirigenti pubblici, sia per i decisori pubblici che devono prendere decisioni in funzione anche, ma non solo, dei dati relativi a quanto si è speso in un territorio, in un dato settore. Noi siamo a disposizione con il nostro lavoro e con tutta la professionalità che i Nuclei Regionali e l’Unità Tecnica Centrale mettono nel fornire al decisore politico e ai dirigenti delle amministrazioni pubbliche, tutti i dati necessari, sulla spesa pubblica, per orientare meglio le scelte. Scelte che, ovviamente, rimangono politiche e, in quanto tali, frutto poi dell’intuito e della capacità politica di andare incontro ai fabbisogni della comunità. La mano pubblica è visibile: noi siamo qui, visibilmente, per produrre e trasferire conoscenza, insieme al mondo accademico, in modo interdisciplinare. Perché i dati non sono patrimonio esclusivo degli statistici: servono agli economisti, agli storici ed ai ricercatori. E tutti insieme abbiamo bisogno di una produzione di conoscenza che nutra il corpo vivo della Pubblica Amministrazione».

Ed è proprio alla conoscenza prodotta e condivisa che fa esplicito riferimento Giuseppe Pagliarulo, Referente del Nucleo CPT Campania: «Il Convegno è un momento per fare rete e condividere il lavoro svolto congiuntamente con l’Unità Tecnica Centrale dei Conti Pubblici Territoriali e gli altri Nuclei Regionali. Oggi abbiamo presentato, infatti, un lavoro frutto della collaborazione fra quattro Regioni (Campania, Molise, Toscana e Umbria) che hanno lavorato insieme sull’analisi dei dati e rilevazioni economiche, statistiche, demografiche e finanziarie per produrre informazioni utili ai decisori politici che si occupano del settore della Sanità. Tra l’altro la Regione Campania vede l’Assessore (Ettore Cinque, ndr) avere due deleghe che si integrano alla perfezione rispetto ad un evento come questo: quella al Bilancio e quella per l’appunto alla Sanità».

D’altronde l’importanza e l’utilità concreta delle informazioni per i decisori regionali è stata affermata anche in apertura dei lavori dal Direttore Generale di IFEL Campania, Annapaola Voto, che ha sottolineato, in piena coerenza con i temi del Convegno, che «tra gli scopi statutari della Fondazione v’è quello di fornire supporto tecnico specialistico per lo studio, la ricerca e l’elaborazione di Banche dati regionali per metterle a disposizione degli enti locali nella definizione delle loro politiche di finanza pubblica, tant’è che la Regione Campania ed in particolare la sua Direzione Generale per le Risorse Finanziarie, alla quale IFEL Campania presta attività di assistenza tecnica sin dal 2018, ha presentato oggi i risultati di alcune linee di comuni attività incentrate proprio sul rapporto tra dati/informazioni e decisioni. Primo tra tutti il modello econometrico frutto di uno studio condotto insieme al Dipartimento di Scienze Economiche e Statistiche dell’Università di Salerno che prospetta scenari alternativi in funzione di decisioni e policy simulate. Il modello che è stato presentato oggi rende ancor più importanti questi appuntamenti di confronto scientifico che ben si allineano con gli obiettivi di IFEL Campania nel dare supporto, sostegno e affiancamento della Regione Campania e degli enti locali nella definizione degli strumenti e delle politiche gestionali che possano efficientare la spesa e gli investimenti pubblici».

I modelli econometrici sono ormai divenuti strumenti indispensabili per tentare di schematizzare contesti complessi e prospettare ambiti decisionali percorribili, fondandosi sulla raccolta e elaborazione dati di serie storiche ed altre informazioni statistiche socio-economiche, demografiche, infrastrutturali funzionali all’interpretazione storica degli accadimenti e soprattutto alla creazione di scenari alternativi simulati per la valutazione ed il supporto alla definizione delle politiche pubbliche regionali. Un modello econometrico cerca di sintetizzare attraverso simultanee equazioni comportamentali e definitorie molteplici variabili economiche e sociali individuando le loro interrelazioni e misurandone le connessioni.

Il modello econometrico sviluppato dal team IFEL Campania-DISES come spiega Sergio Pietro Destefanis, Ordinario di Economia presso l’Università di Salerno, consiste «in un VAR panel bayesiano a effetti casuali (con eterogeneità regionale) per produrre stime degli effetti della politica fiscale per le 20 regioni amministrative italiane nel periodo 1994-2016. Da alcune sue risultanze si riscontra ad esempio che i moltiplicatori dei consumi e degli investimenti pubblici sono più alti in recessione che in espansione, soprattutto per le regioni situate nel Centro e Sud Italia. In diciassette regioni, i moltiplicatori degli investimenti pubblici sono maggiori di uno nelle fasi di recessione e sono generalmente superiori alle loro controparti di consumo pubblico indipendentemente dal ciclo economico. Dell’analisi esplorativa dei moltiplicatori specifici alla regione in recessione suggerisce che essi sono associati positivamente alla quantità di risorse inutilizzate e negativamente alla presenza di frizioni finanziarie. Nessuna influenza sistematica si manifesta per i moltiplicatori in espansione».

 Il Convegno è stato anche occasione di analisi condivisa degli aspetti attinenti alla natura ed alla accuratezza della rilevazione del dato, anch’esso per nulla statico sotto il profilo del metodo e della strumentazione. Com’è noto, a seguito dell’approvazione del PNRR – con particolare riferimento alla riforma n. 1.15 – è fatto obbligo di adottare entro l’anno 2026 un sistema unico di contabilità economico-patrimoniale fondato sul principio della competenza economica (c.d. accrual); riforma di notevole portata e ad elevato impatto sul sistema organizzativo anche degli enti pubblici locali. L’intervento normativo richiesto, complesso ed articolato, mira ad inserire alcuni fondamentali metodi e strumenti, standardizzati per tutti gli enti della P.A. partendo da un comune quadro concettuale di riferimento per il disegno e l’implementazione dell’intero impianto contabile e via via diramandosi verso la statuizione di principi e standard contabili necessari per diminuire le divergenze tra i diversi sistemi contabili che gli enti pubblici utilizzano ed uniformarle allo scenario contabile internazionale.

Orbene sotto il profilo dell’impatto, uno dei timori maggiori consiste nel notevole sforzo organizzativo, ma anche nell’acculturamento del capitale umano a disposizione degli enti locali: il personale amministrativo, e non solo quello, se si pensa alle implicazioni anche in termini di tributi, risorse umane, elaborazione paghe ecc., dovrà necessariamente – ed in tempi relativamente brevi – acquisire nuove conoscenze e competenze in tema di contabilità e bilancio indispensabili per apprendere i principi della nuova contabilità economico-patrimoniale al fine di comprendere e poter adottare il nuovo approccio accrual all’ente pubblico di appartenenza.

 

Su tali timori si è soffermato Paolo Ricci, Ordinario di Public Accountability dell’Università Federico II, rammentando come nell’attuale scenario la riforma prevista dal PNRR sia «una riforma abilitante che riguarda proprio l’accrual, e cioè l’introduzione della contabilità economico-patrimoniale in ambito pubblico. È una riforma importante che dobbiamo saper accompagnare. Perché, come tutte le riforme abilitanti, ha degli elementi di criticità che dobbiamo controllare. Le nostre pubbliche amministrazioni, entro giugno 2026, devono adottare questi nuovi sistemi di contabilità e misurare la gestione attraverso aspetti economici e patrimoniali che fino a ieri sono stati di accompagnamento ad altri sistemi contabili. Questi diventano, oggi, centrali nei sistemi di rilevazione e misurazione delle performance della Pubblica Amministrazione».

 

Chiarite e condivise le potenzialità, il livello di sofisticatezza e la multidisciplinarietà sia della metodologia che della strumentazione a disposizione delle elaborazioni contabili, statistiche ed econometriche, l’interesse del Convegno si è infine spostato sull’utilità effettiva che ne consegue per il fruitore finale: il decisore politico, al servizio del quale viene impiantata e condotta la raccolta, l’elaborazione e la presentazione dei dati ed informazioni.

Interessante visione in tale prospettiva è stata proposta dall’Assessore della Regione Campania Ettore Cinque che ha fermamente ribadito l’indispensabilità dei dati e delle informazioni per operare decisioni consapevoli in virtù delle quali il Sistema CPT costituisce un vero e proprio patrimonio per la P.A. non solo locale; aggiungendo che l’attenzione deve essere posta anche nei confronti di ambiti e discipline che talvolta non necessariamente vengono coinvolte adeguatamente in taluni contesti di studio preliminare; come ad esempio la demografia, campo di indagine che andrebbe invece – a sua opinione – rafforzato ed approfondito in ragione dell’inverno demografico cui si sta assistendo nel nostro Paese (e non solo nel nostro…), della crescente modifica della composizione interna delle fasce d’età della popolazione in generale, ed in quelle di alcune aree interne in particolare. Non è difficile infatti immaginare, ha concluso l’Assessore Cinque, il forte legame tra tali fenomeni demografici e l’impatto economico ed organizzativo che queste dinamiche, a quanto pare, inarrestabili, avranno in un brevissimo futuro sui servizi socio-assistenziali e quelli sanitari dei quali gli enti locali sono istituzionalmente chiamati a farsi carico.

In definitiva, se il protagonista assoluto dell’intero dibattito è, e resta il dato, quale che sia la prospettiva di una sua analisi (preventiva, consuntiva, aggregata, comparata…) e quale che sia la disciplina che ne fa proprio oggetto di studio (contabilità, statistica, economia, econometria…) appare opportuno – a parere di chi scrive – non respingere l’importante e ragionevole considerazione che non necessariamente il decisore riesca costantemente ad essere in grado di recepire, leggere ed interpretare simultaneamente tutte le informazioni fornitegli e tutte le alternative prospettategli (benché accurate e circostanziate), né di stimarne con razionale approfondimento tutte le possibili conseguenze, ma molto spesso questi potrà soltanto tentare di esplorarle in rapida sequenza e verosimilmente prediligendo (magari anche inconsciamente) estensioni al futuro di decisioni già intraprese per effetto dell’abitudine e di presupposizioni e percezioni di successi conseguiti nel passato. Procedendo dunque in maniera non dissimile dall’approccio Gestalt, il decisore sovente si muove in un reticolo costituito dalla percezione di una situazione, dall’identificazione degli elementi che rappresentano il problema e dalla ricostruzione percettiva dei dati in ragione della sua risoluzione stessa attraverso il ricorso ad alcune assunzioni istintive derivate dell’esperienza accumulata abbinata a automatismi connaturali. A tali intrinseche difficoltà oggettive del processo decisionale, si aggiungono poi elementi di bias insiti nel difficile compito, in particolare a carico del decisore politico, di contraddistinguere le priorità deliberative in un’ottica economica di risorse scarse e di difendere talune risoluzioni spesso suggestionate dal clima negoziale – se non addirittura conflittuale – che molte volte caratterizza la gestazione di una determinazione politica.

Insomma, va dunque tenuto in debito conto che vi sono sovente circostanze in cui il decisore non ha, o forse non ritiene di avere, il tempo e la lucidità necessari per svolgere in modo sistematico l’analisi delle soluzioni alternative prospettategli e dei loro corrispondenti potenziali esiti. Pertanto è auspicabile che coloro che tanto si prodigano nella raccolta e nella elaborazione dei dati utili alle decisioni, si preoccupino – magari anche prendendo in prestito metodi, strumenti e modelli delle discipline cognitive – di assicurarsi della fruibilità concreta delle informazioni prodotte e messe a disposizione dei policy maker, poiché non v’è dubbio che, malgrado i tanto dibattuti livelli di caducità del dato, prendere decisioni senza affidarsi all’analisi di informazioni sufficientemente accurate significa navigare a vista…

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