di Salvatore Maria Pisacane
Fu certamente strenua e memorabile la difesa che, circa ottant’anni fa, migliaia di italiani condussero, senza timore di perdere la vita, per consentire che una svolta liberale e democratica avvolgesse l’intera penisola italiana, spazzando via residui d’invasione straniera, autoritarismi, incrostazioni monarchiche.
Il referendum di quel, poi non troppo lontano, 2 giugno 1946 costituì già di per sé, al di là degli esiti fausti che la storia ci avrebbe consegnato, una conquista istituzionale straordinaria: la chance per ciascun italiano di poter difendere se stessi, le proprie prerogative, un futuro di libertà e uguaglianza per i propri figli, non più ricorrendo a bande armate e fucili ma attraverso una scelta di campo, il conferimento di una forma nuova e, per quei tempi, rivoluzionaria allo Stato italiano: la forma repubblicana.
La difesa fattuale e, inevitabilmente, violenta, che la Resistenza e le forze di liberazione tutte avevano messo in atto, si era tramutata, dopo poco più di un anno dalla conquista della Liberazione del 25 aprile 1945, in una difesa istituzionalizzata attraverso una nuova forma di Stato, un assetto politico a cui sarebbe dovuto seguire, necessariamente, un adeguato riassetto giuridico.
Se la monarchia, nella sua versione costituzionalizzata, aveva tentato, con l’entrata in vigore dello Statuto albertino del 1848, di “auto-limitarsi” e garantire la tutela di alcuni diritti (oculatamente selezionati) ai cittadini attraverso la gentile concessione di una Carta (le cosiddette “costituzioni ottriate”, concesse dai sovrani come atti unilaterali), era giunto il momento che il popolo difendesse da sé e più compiutamente le proprie conquiste mediante un nuovo involucro giuridico di rango costituzionale.
Così, dalle variegate sensibilità che avevano animato, nel Paese, quel cambiamento epocale in atto, sorse un potere costituente di natura collegiale, più noto come Assemblea Costituente, che avrebbe donato agli italiani un nuovo ordine costituito, approvando, il 22 dicembre 1947, la Costituzione democratica e liberale della Repubblica Italiana.
Plasticamente si assiste alla trasposizione, nella sfera politica e giuridica, di un dovere morale di tutela e promozione di libertà e diritti irrinunciabili che i Padri costituenti seppero intrepretare come dovere di difendere la Repubblica attraverso solide fondamenta costituzionali.
La tutela della Repubblica viene così affidata, significativamente, alle prescrizioni di apertura e chiusura del dettato costituzionale: l’art. 1 Cost. che individua il nostro Paese come “Repubblica democratica fondata sul lavoro” e l’art. 139 Cost. che costituisce l’unico limite esplicito alla revisione costituzionale, sancendo proprio l’irrivedibilità di quella forma di Stato repubblicana, così anelata dalla maggioranza del popolo italiano. Non è casuale che la Carta costituzionale evochi, proprio alle sue estremità, la Repubblica italiana, quasi a voler manifestare, con immediatezza, una vocazione inequivocabile ad essere garanzia assoluta del nuovo assetto istituzionale e a custodirne doverosamente le molteplici implicazioni.
La nostra Costituzione è pervasa da una permanente tensione tra diritto e morale (intesa anche come coscienza collettiva del nostro popolo), che si fa tangibile in quei valori fondamentali positivizzati, più propriamente inquadrati come principi costituzionali, coessenziali alla tenuta della Repubblica italiana. Si pensi alle libertà personali, di associazione, di espressione[1], ai tanti diritti “negativi” – intesi come libertà dalle ingerenze del potere pubblico nella propria sfera privata – e “positivi” – come risposta ai doveri dello Stato di intervenire per contribuire alla giustizia sociale[2] – che son divenuti immodificabili poiché fondano la vita repubblicana e democratica del Paese. In questa prospettiva, rigidità e inviolabilità, come tratto qualitativo e conservativo della Carta costituzionale, testimoniano, più profondamente, il dovere a cui i Padri Costituenti ci hanno chiamato ad adempiere di generazione in generazione: la difesa della Repubblica italiana.
[1] A. Pisaneschi, Diritto costituzionale, Giappichelli, Torino, 2018, p. 51.
[2] F. E. Brozzetti, Costituzione in A. Punzi (a cura di), Le parole del diritto. Materiali per un lessico della giurisprudenza, Giappichelli, Torino, 2019, p. 12.