Culture digitali|Diritto|News “Con le STEM formiamo i giuristi del futuro”

“Con le STEM formiamo i giuristi del futuro”

di Redazione

A colloquio con il professor Filiberto Brozzetti, coordinatore di un percorso universitario in “Macchine intelligenti e diritto”, presso il Dipartimento di Giurisprudenza della Luiss di Roma Guido Carli

Filiberto Brozzetti è Assistant Professor (Research) in Data Protection Law, Law & Ethics of Innovation & Sustainability, Legal Theory presso il Dipartimento di Giurisprudenza della Luiss di Roma Guido Carli, l’università internazionale orientata all’insegnamento delle scienze sociali, in particolare giurisprudenza, economia, management, finanza e scienze politiche.

Professor Brozzetti, qual è il ruolo delle STEM nella società contemporanea e, in particolare, nel campo della formazione? «Sicuramente, al giorno d’oggi, l’attenzione è altissima rispetto a questa famiglia di materie; tuttavia, in ragione della tradizione occidentale più profonda, le STEM vanno concepite e considerate all’interno di un quadro più ampio. Oggi si parla tanto di approccio olistico. Non è un caso che tanti dei geni universali che hanno fatto la storia della civiltà del nostro Paese affiancavano tanto conoscenze scientifiche a quelle più propriamente classiche: ma per quale ragione? Perché con un gruppo di materie, quelle scientifiche, si riesce a comprendere e descrivere il mondo, mentre con la cultura classica, umanistica si riesce a spiegarlo agli altri e a dargli un senso. È molto interessante, oggigiorno, assistere ad un Occidente che punta tantissimo alla conquista di una posizione nella definizione degli standard tecnici delle nuove tecnologie, c’è proprio una corsa a chi per primo definisca lo standard tecnico a cui dovranno adeguarsi tutti gli altri. Questo lo vediamo in tutte le strategie nazionali sull’intelligenza artificiale. Si pensi però al caso della strategia cinese, secondo cui lo standard tecnico è importante, ma gli algoritmi devono essere progettati anche per offrire agli acquirenti uno standard filosofico cinese, quindi è evidente come, in Oriente, alle STEM sia sempre affiancato un approccio teorico-filosofico, del quale, se in Occidente ci si dimenticasse, si rischierebbe di perdere questa partita tutta teorica sulle scienze, che non sono solo numeri».

Secondo lei questo protagonismo delle STEM è in ascesa nel nostro Paese? «Certamente. Basti guardare, molto semplicemente, ai fondi PNRR per la ricerca e per l’istruzione in relazione alle politiche di inclusione sociale ed economica, di riduzione delle disuguaglianze e dei divari di genere: puntano tutte sulle materie scientifiche».

Lei coordina un percorso di formazione universitaria in “Macchine intelligenti e diritto”. Di cosa si tratta esattamente? «L’illuminata Direzione del Dipartimento di Giurisprudenza in cui insegno ha inteso offrire, ai giuristi di oggi, conoscenza diretta della materia che viene regolata e il cui diritto saranno chiamati ad applicare. Non si tratta di corsi pensati per ingegneri, ma proprio per giuristi: è importante comprendere la logica e il linguaggio delle macchine che il diritto oggi regola in modo da capire come applicarlo nella maniera più efficace. Negli ultimi dieci anni, l’Unione europea ha prodotto una cascata di norme in materia tecnologica. Queste norme sono comprensibili e applicabili solo se si conosce anche il funzionamento della tecnologia a cui si applicano, ecco perché la metà dei corsi che impartiamo è condotta da ingegneri, l’altra metà da giuristi. Un giurista deve necessariamente conoscere la realtà, deve essere calato nel mondo e, dato che la metà della nostra vita si esprime nella dimensione digitale, cerchiamo di spiegare questa realtà, sin dai primissimi anni, ai nostri studenti, tutti chiamati a frequentare obbligatoriamente questo tipo di percorso».

Quali competenze e quali figure professionali vengono offerte al mercato del lavoro? «Oggi sempre di più il mercato richiede agli studenti questo tipo di competenza. Mentre prima una conoscenza dell’informatica – che ormai sembra tanto un termine degli anni Settanta – era un accessorio della formazione del giurista, oggi molto spesso ci vengono chieste figure altamente specializzate. Al pari del penalista, del tributarista o del giurista d’impresa, sempre più frequentemente, grandi studi, soprattutto internazionali, aziende e pubbliche amministrazioni sono alla ricerca di profili specializzati nel diritto delle nuove tecnologie. Bisogna evidenziare come, se negli scorsi anni, non molto tempo fa, erano richieste competenze perlopiù sulla protezione dei dati e cybersicurezza – che comunque coprono una parte relativa al rischio delle imprese e, quindi, vengono percepite soltanto come un costo – oggi, pensando all’esplosione dell’intelligenza artificiale, la tecnologia e la sicurezza tecnologica diventano un investimento redditizio per le aziende. Così il giurista diviene fondamentale per accompagnare l’azienda nello sviluppo e nella crescita grazie alle nuove tecnologie. Inoltre, anche le figure professionali più tradizionali, nello svolgimento dell’attività forense, non possono prescindere, oggigiorno, da una conoscenza di base non solo dell’utilizzo delle nuove tecnologie, ma anche del diritto che si applica ad esse, posto non vi è ramo del diritto su cui non impattino queste vicende».

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