di Adriana Bruno
Nella cornice del più ampio raggiungimento degli Obiettivi di sviluppo e di sostenibilità dettati dall’Agenda 2030 sullo sviluppo sostenibile e resiliente (ONU 2018) questo breve estratto ha lo scopo di indurre il lettore ad una riflessione sulla efficacia della governance pubblica nel settore idrico, e lo fa attraverso la presentazione di una ricerca empirica sul livello di leggibilità delle policy emanate a tutela delle acque nelle regioni del Sud.
L’Agenda 2030 ha stabilito 17 obiettivi di sviluppo sostenibile (SDGs) da raggiungere appunto entro il 2030; fra questi particolare attenzione è dedicata all’obiettivo di sviluppo sostenibile numero 6 (SDG 6) attraverso il quale si prova a garantire alle future generazioni la disponibilità dell’acqua e al contempo migliorare la gestione sostenibile dei servizi igienico-sanitari.
In linea generale la buona governance pubblica dell’acqua, e dunque il buon governo dell’acqua è ancora debole e secondo le Nazioni Unite, l’Italia deve dimostrare un maggiore impegno nel raggiungimento degli obiettivi di sostenibilità previsti dall’Agenda 2030, in quanto appare ancora molto lontana dal conseguimento dei target previsti appunto dall’Obiettivo 6, posizionandosi purtroppo al primo posto in Europa per quota di prelievi di acqua potabile secondo un’indagine di Legambiente.
Le istituzioni dell’Unione Europea, in particolare la Commissione Europea, sono sempre più interessate alla effettiva attuazione delle politiche comunitarie. Per avere un ordine di misura del problema, la Commissione europea ha adottato un indice di “qualità del governo” (the quality of government index) come indicatore sintetico della performance attuativa delle politiche di coesione dell’UE. In particolare, sono state formulate raccomandazioni ai Governi, soprattutto in quelli che ricevono aiuti dai fondi comunitari. Tuttavia, l’attuazione delle politiche resta ancora un aspetto difficile.
Nella cornice della sostenibilità e degli obiettivi SDGs, per approfondire la nostra comprensione della governance dell’acqua, guardando come caso studio l’ordinamento italiano ed in particolare le regioni del meridione in emergenza idrica, ci si è posti le seguenti alla domanda di ricerca: Come misuriamo il grado di efficacia di una policy (politica pubblica)? Alla luce degli obiettivi di sostenibilità, l’attuale governance in materia idrica è efficace? Così come sono strutturate e formulate, le politiche a tutela dell’acqua in vigore sono comprensibili da parte degli utenti?
Nel dettaglio è stata data ampia attenzione all’analisi della comprensibilità, intesa questa nella sua accezione linguistica, delle politiche idriche stilate dalle Regioni del Meridione a tutela dell’acqua.
Partendo dalla prima domanda, (Come misuriamo il grado di efficacia di una policy?) di questo argomento se ne parla da decenni, dalle riviste accademiche, ai quotidiani, alle aule parlamentari. La letteratura sul punto è importante e, agli articoli accademici, si aggiungono i saggi di varie istituzioni e associazioni di categoria come Banca d’Italia, Confindustria, Assonime, Osservatorio dei Conti Pubblici Italiani, con particolare attenzione alla quantificazione dell’impatto dell’inefficienza legislativa sul PIL, stimato oggi attorno all’1%. Molti degli studi condotti in tema di policy, e nel dettaglio molti gli studiosi di public management affrontano tali studi definiti appunti di prospettiva; nel dettaglio possiamo dire che l’attuazione delle politiche riguarda come e in che misura le politiche pubbliche, una volta approvate, vengono messe in pratica; in che modo, dunque, riescono a modificare il comportamento degli individui e alla fine raggiungono gli obiettivi dichiarati.

Nello specifico nella prima fase, quella di INPUT bisogna appunto accertarsi che la policy venga compresa dai destinatari, ed è proprio in questa delicata fase che è necessario testare la leggibilità dei testi che compongono la stessa. La seconda fase è quella della implementazione, dunque vi è un processo implementativo della policy, e ci va a testare la qualità degli strumenti ed i canali prescelti dai policy makers per l’implementazione della policy; in terzo luogo, abbiamo la fase di assesment e cioè la prima fase di valutazione delle decisioni intraprese nelle policy.
Volendo visivamente inquadrare questo studio, possiamo dire che ci si sofferma sul primo quadrante e si prova ad integrarlo nella fase di INPUT, cioè nella fase di comprensione, inserendo una fase di ex-ante denominata appunto leggibilità della policy.
Alcuni autori hanno definito la leggibilità come l’aspetto che “permette a un’organizzazione di rivelare la propria situazione unica in un linguaggio chiaro e comprensibile” (Dumay, J. et 2016). Studi recenti (Smeuninx et al., 2016, Nazari et al., 2017) hanno analizzato la leggibilità adottando il metodo del Natural Language Processing (NLP), un indice assemblato manualmente da un corpus di 2,75 milioni di parole, confermando che i bilanci di sostenibilità delle imprese, sono meno leggibili dei report finanziari.
L’art. 97 della Costituzione e l’art. 1 della legge 241/1990 definisce, nella più ampia cornice della trasparenza amministrativa, la comprensibilità come fondamentale modalità di svolgimento del rapporto tra pubblica amministrazione e privati cittadini, la quale implica che l’azione del soggetto pubblico risulti comprensibile al privato, così che questi possa avere una conoscenza effettiva dell’attività amministrativa, e conseguentemente anche esercitare un controllo su di essa (art. 1 l. 241/1990). Il concetto, dunque, di comprensibilità è presente nella legge, a chiarire che il cittadino deve, cioè, risultare destinatario di un’informazione qualificata relativa all’agire della pubblica amministrazione.
Compreso dunque l’obbligo di divulgare le informazioni, in questo lavoro ci soffermiamo sul linguaggio, che non si è evoluto al pari passo con le prassi normative; dunque, la public disclosure si è scontrata con pratiche linguistiche fortemente radicate nella cultura del passato e nel rigore presupposto delle pubbliche amministrazioni. Nel selezionare alcuni esempi di scrittura delle policy regionali in materia di tutela delle acque, si è potuto verificare, con risultati immediati e allarmanti dati da indici di comprensibilità linguistica, quali l’indice di Flesch-Vacca e l’indice di Goulpease, come sia frequente la scarsa attenzione per i destinatari dell’informazione, i cittadini. Nel dettaglio, i piani di tutela delle acque regionali sono, in generale, ben curati nella veste grafica, perché elaborati spesso da professionisti, ma i testi presentati non godono della stessa cura professionale. Se lo scopo è informare, allora la comprensibilità dei testi diventa un dovere istituzionale nei confronti dei cittadini.
Nel dettaglio, in questo lavoro, testando le politiche idriche con l’indice GWP (Good Water Plan), è stato dimostrato come una politica potrebbe essere strutturata o non strutturata. Da questa prima analisi dei contenuti si è scoperto che la Regione Campania ha il Piano di tutela più strutturato; tuttavia, questo risultato non trova conferma nella seconda analisi di leggibilità.
Nello specifico, adottando l’indice di Flesch-Vacca, abbiamo testato la leggibilità di un Piano di Tutela delle Acque. Da questa analisi è emerso che generalmente le politiche idriche analizzate hanno un basso grado di leggibilità, tutte posizionate nella scala “Difficile da leggere” o “Abbastanza difficile da leggere”, ad eccezione della Regione Lazio, che si posiziona nella scala degli indici di leggibilità nell’area “Base”.

Durante la redazione delle policy è importante quindi mettersi nei panni dei destinatari dell’informazione: diventa, se possibile, più importante in quei casi in cui i riceventi sono quei cittadini che hanno bisogno di informazioni chiare per orientarsi nel complesso mondo della cosa pubblica.
Infine, come già detto, la chiarezza negli atti della pubblica amministrazione è un principio sancito prima dalla Costituzione (art. 97) e rafforzato dalle norme sulla trasparenza (Legge 241/90), ma rappresenta anche una opportunità per i funzionari delle amministrazioni per cambiare un atteggiamento culturale negativo e antiquato, quello dell’uso del linguaggio del burocratese perché la facilità di comprensione di una policy da parte dei cittadini è la condizione della sua efficacia.