di Pasquale Gallo
Tra il 2023 e il 2024 le nuove iniziative dell’Unione Europea per sostenere la transizione green hanno determinato impatti significativi sulle imprese, sia per le attività produttive che per le competenze richieste ai lavoratori. Tra le varie, segnaliamo in relazione al pacchetto Fit for 55, il cui obiettivo è l’abbattimento delle emissioni nette di gas serra di almeno il 55% entro il 2030, vi è l’adozione della Direttiva sulle energie rinnovabili UE revisionata, che fissa nuovi target per il 2030. Inoltre, è stato istituito il nuovo Fondo Sociale per il Clima, indirizzato ai cittadini e alle imprese più vulnerabili alla transizione green. Nel corso del 2023, c’è stato un ulteriore sviluppo dello European Green Deal, con la Comunicazione della CE “Un piano industriale del Green Deal per l’era a zero emissioni nette”, con lo scopo di guidare il cambiamento dell’industria europea verso la neutralità climatica. Per agevolare le imprese che vogliono investire nella transizione green e aumentare la trasparenza degli investimenti ESG, la Commissione europea ha aumentato le attività contemplate nella Tassonomia delle attività sostenibili e adottato gli standard tecnici per l’individuazione delle attività economiche che rispettano il cosiddetto principio DNSH. Con riferimento agli obblighi di rendicontazione non finanziaria, è stato pubblicato e approvato il primo set di standard emanati dall’EFRAG per la rendicontazione di sostenibilità, in attuazione alla Direttiva sulla Rendicontazione di sostenibilità (CSRD), che è entrato in vigore per le grandi aziende nel 2024, mentre per le PMI quotate l’entrata in vigore della direttiva CSRD è prevista per il 2026.
Nell’ambito del Nuovo piano d’azione per l’economia circolare, la Direttiva sul Diritto alla riparabilità stimola un cambiamento nel modello di consumo e di produzione dei beni, incentivandone la riparabilità anziché la sostituzione. Inoltre, la Commissione UE ha presentato una proposta di Regolamento sulla eco-progettazione nel settore automotive e la gestione dei veicoli fuori uso che riguarda progettazione, produzione e trattamento a fine vita dei veicoli, con l’obiettivo di generare benefici economici per 1,8 miliardi di euro entro il 2035 attraverso la riduzione delle emissioni di CO2 (-12,3 milioni di tonnellate entro il 2035). In Italia il PNRR è uno dei principali strumenti a supporto delle imprese per la transizione ecologica ed energetica. L’elemento di novità più importante è stato il processo di revisione del Piano, che ha interessato in modo significativo obiettivi e finanziamenti della Missione 2. Il nuovo piano è articolato in sette missioni, una in più rispetto alla versione preesistente, essendo stata aggiunta la missione REPowerEU: pertanto i fondi destinati alla transizione verde rappresentano oggi il 39,5% del totale finanziato, circa 77 miliardi di euro dei 194,3 complessivi, in aumento rispetto al 37,5% della precedente versione. Tra il 2019 e il 2023, la Regione Campania ha stanziato circa 300 milioni per sostenere le imprese negli investimenti necessari, ad esempio, per la riqualificazione energetica degli impianti produttivi, per l’introduzione di dispositivi e tecnologie ad elevato rendimento energetico, per la promozione dell’autoconsumo dell’energia rinnovabile e l’immagazzinamento dell’energia prodotta; una parte, pari a 58 milioni di euro, è stata destinata per sostenere le imprese per il maggiore costo energetico sostenuto a seguito del conflitto tra Russia/Ucraina. L’attenzione per i temi della sostenibilità ambientale sta determinando notevoli e profondi cambiamenti nei processi produttivi, che a loro volta determinano una trasformazione nella domanda di profili professionali e di competenze da parte delle imprese. Nel 2024, secondo i dati del sistema informativo Excelsior sono circa 27.200 i lavoratori green jobs assunti alle dipendenze dalle imprese in Campania, in crescita del 31% sul 2018. La tendenza è significativamente più robusta di quella registrata a livello nazionale: infatti, l’occupazione green in Campania è aumentata nel periodo 2018-2024 ad un tasso medio annuo del 4,7% a fronte del 3,1% registrato a livello nazionale.
La stima del fabbisogno di competenze green espresso dalle imprese private dell’industria e dei servizi (professioni green in senso stretto) è realizzato sulla base di una tassonomia che prevede il raccordo in più fasi tra la nomenclatura statunitense e quella italiana, dalla classificazione SOC Standard Occupational Classification dei Green Jobs O*Net si è passati alla classificazione internazionale delle professioni ISCO-08, su cui è costruita quella europea ESCO e da quest’ultima alla classificazione delle professioni CP2021 a cui sono ricondotte le oltre 4.000 voci che costituiscono il dizionario di base delle professioni utilizzate nel sistema informativo Excelsior.
Nell’intervallo di riferimento è più che raddoppiata la richiesta di figure professionali legate alla riqualificazione energetica degli edifici quali i Tecnici delle costruzioni civili (+228,9%), i Tecnici della gestione di cantieri edili (+249,4%), di quelle che operano nell’industria come i Tecnici meccanici (+231%) e gli Ingegneri industriali e gestionali (+114,7%) e di quelle che operano nel settore dei servizi di trasporto, logistica e magazzinaggio come gli Addetti alla gestione degli acquisti (+111,1%) e i Responsabili acquisti la cui domanda da parte delle imprese campane è quasi decuplicata (+966,7%). Le imprese operative nelle costruzioni hanno attivato circa il 42% delle entrate relative ai Green jobs; seguono in graduatoria i settori dei servizi alle imprese (il 24,2%) e l’industria (21%). Il Commercio e il Turismo hanno attivato circa l’11% delle entrate relative ai Green Jobs quando invece esprimono più del 37% della domanda in riferimento alle altre figure professionali. Si conferma il trend di crescita su base regionale, legato alla difficoltà di reperimento, in linea con quanto registrato a livello nazionale, delle figure professionali per fare fronte alle esigenze delle imprese, trasversale ai diversi profili occupazionali richiesti sia generici che green: infatti, analizzando i dati del 2024, la difficoltà di reperimento interessa complessivamente il 41,1% delle entrate ma la percentuale sale al 56,8% (+4,6 punti percentuali rispetto al 2022) nel caso dei green jobs. Tra le prime dieci professioni green jobs di più difficile reperimento (con almeno 300 entrate previste nel 2024), troviamo posizioni di riferimento per il mondo dell’industria, Ingegneri industriali e gestionali (61,2%) e Tecnici meccanici (57,7%), alcune figure legate al mondo delle costruzioni, i Tecnici delle costruzioni civili (80,2%) e i Tecnici della gestione di cantieri edili (52,1%), alcune figure legate al mondo dei servizi tra cui gli Ingegneri dell’informazione che si affermano come la professione con maggiore difficoltà di reperimento (93,3% delle entrate) e gli Specialisti nei rapporti con il mercato (52,2%). Per individuare le figure professionali che evidenziano le maggiori/minori opportunità occupazionali, si è realizzata una mappa delle convenienze professionali (vedi Figura 1) utilizzando congiuntamente due indicatori, la propensione delle imprese ad assumere i lavoratori con contratti stabili e la difficoltà di reperimento.
Figura 1 – Mappa delle convenienze professionali nel mercato del lavoro in Campania (sono rappresentate le prime 20 figure professionali, distinte tra green jobs (in verde) e le altre figure generiche (in rosso), per volume delle entrate anno 2024) – Fonte: elaborazione su dati sistema informativo Excelsior
L’intersezione tra i due indicatori suddivide il piano, centrato sulle rispettive medie, in quattro quadranti: il primo in cui ricadono le figure professionali per cui le imprese dichiarano forti criticità nel reperimento di lavoratori a fronte di una elevata propensione ad assumere con contratti stabili (a tempo indeterminato o apprendistato); queste figure che definiamo “vantaggiose” si posizionano sul primo quadrante in alto a dx; nel quadrante opposto al primo, si posizionano le figure professionali, che etichettiamo “sconvenienti”, in quanto più facili da reperire e caratterizzate da maggiore precarietà contrattuale; tutte le altre figure si posizionano nei quadranti “da attenzionare” in quanto presentano profili di vantaggio/rischio misti. I green jobs tendono nella maggior parte dei casi a posizionarsi nel quadrante più conveniente, quello in alto a dx; nello stesso quadrante ricadono solo tre tra le prime 20 professioni generiche che invece tendono a distribuirsi sul piano, concentrandosi maggiormente nel quadrante più a rischio. Nell’ambito della rilevazione Excelsior è richiesto alle imprese di indicare il tipo di competenze (trasversali) richieste per quel profilo professionale e il relativo grado di importanza (in una scala a cinque modalità da non necessario a molto importante). Il set di competenze è mutuato dalle competenze chiave che sono disciplinate dalla Raccomandazione del 18 dicembre 2006 “Competenze chiave per l’apprendimento permanente”. Per fare emergere i tratti specifici e distintivi rispetto al grado elevato di importanza (competenza necessaria a livello medio-alto e alto) attribuito dalle imprese, nella figura seguente (2) presentiamo il profilo dei green jobs in termini di scostamento dai valori medi delle figure generiche, posto pari a 100 per l’anno 2024.
Figura 2 – Le competenze con grado elevato di importanza, distinte tra green jobs e altre figure generiche – anno 2024 – Fonte: elaborazione su dati sistema informativo Excelsior
Osservando la figura, si nota la connessione esistente tra e-skills e green jobs; analogamente, per le competenze trasversali che caratterizzano, anche se in modo meno marcato, le entrate relative ai green jobs. I dati confermano quanto le opportunità di sviluppo della transizione green, rappresentino un driver importante per rafforzare il mercato del lavoro regionale sia per il reskilling delle professioni tradizionali, sia per sviluppare in misura sempre più incisiva i percorsi necessari per lo sviluppo delle competenze green. In merito a quest’ultimo punto, si rafforza la necessità di favorire la collaborazione tra imprese, agenzie formative, scuola e università per programmare un’offerta formativa che sia più aderente ai fabbisogni espressi dalle imprese.