di Massimo Bisogno
“… Quel che manca è l’analisi permanente dell’efficiente uso degli elaboratori, con gli aggiustamenti di procedure e le integrazioni reciproche. Si dovrebbe allora costituire un Centro per i sistemi informativi, con il compito iniziale di fare una relazione degli elaboratori esistenti, dell’utilizzazione delle possibilità di raccordo e di integrazione; esso potrebbe agire in collegamento con il programma finalizzato sull’informatica, di recente bene avviato dal Consiglio Nazionale delle Ricerche, e con gli organismi interni e internazionali per l’informatica. …”
Potrebbe sembrare un’affermazione rilasciata da un nostro contemporaneo, che utilizzando termini un po’ desueti, con linguaggio semplice, comprensibile ai più, fotografa con lucida precisione lo stato dell’informatizzazione della pubblica amministrazione italiana. Peccato che si tratti di un passaggio presente nel Rapporto sui principali problemi dell’Amministrazione dello Stato – Cap 3.7 “L’attività di informatica”, trasmesso alle Camere il 16 novembre 1979 dal Ministro per la funzione pubblica Massimo Severo Giannini.
Un rapporto di oltre quarant’anni fa che, purtroppo, sembra prodotto oggi. Il testo del rapporto è disarmante, infatti, decontestualizzato temporalmente, esprime un progetto quanto mai attuale anche ai nostri giorni, creare un polo centralizzato composto dai soli sistemi effettivamente utilizzati a seguito di un’attività di monitoraggio. Purtroppo, dal 1979 ad oggi, in proporzione, sono stati fatti pochissimi passi avanti, al punto tale che la visione del Ministro Giannini era utopistica all’epoca e tale è rimasta.
Continuando in questo parallelo digital-temporale, nel rapporto si legge ancora “… Il quadro qualitativo è invece parecchio appannato, perché il processo tecnologico che nel settore si è avuto negli ultimi dieci anni ha trovato impreparate le amministrazioni pubbliche. Gli elaboratori elettronici, che erano all’inizio apparecchi di semplice registrazione di dati complessi, sono divenuti poi apparecchi di accertamento o verificazione, di calcolo, di partecipazione a fasi procedimentali di istruttoria e, infine, di decisione. …”. Anche su questo passaggio non si può che evidenziare il ritardo estremo che molte pubbliche amministrazioni, ancora oggi, in un’epoca in cui l’innovazione digitale è il presente e non il futuro, hanno accumulato nell’adeguamento dei processi interni. L’informatica è lo strumento, non il fine, per modificare radicalmente il modello di funzionamento di un Ente pubblico, ma le amministrazioni continuano ad investire senza guardare all’obiettivo ultimo, trasformare l’oggetto del proprio “business”, che consiste nell’erogare servizi efficienti ed efficaci per i propri “clienti finali”, i cittadini e le imprese, che hanno nella pubblica amministrazione un fornitore di servizi indispensabili per la vita quotidiana.
Se a distanza di quattro decenni occorre ancora:
- nominare un Responsabile per la transizione al digitale, come se non fosse un’esigenza primaria per gli enti avere un sistema nervoso digitale pienamente funzionante;
- effettuare continui censimenti nazionali sullo stato delle infrastrutture digitali per conoscere il livello di digitalizzazione degli enti, sancendo come gli investimenti pubblici in information technologysiano effettuati senza un modello di governance centrale che detti linee chiare e cogenti per tutti i soggetti pubblici e privati;
- sradicare il concetto di “digital divide”, che rende molti cittadini privi di una cultura digitale minima che consenta di poter fruire agevolmente di servizi digitali basilari;
- formare i dipendenti della pubblica amministrazione che, ancora troppo spesso, vivono con disagio il rapporto con gli strumenti tecnologici, visti come oggetti misteriosi
Allora, se tutto ciò risulta attuale, il Rapporto del Ministro Giannini è, ancora oggi, la vera pietra di scandalo, che evidenzia in modo inequivocabile lo stallo della Pubblica Amministrazione.
In quarant’anni, dopo investimenti miliardari, definizioni normative sempre più stringenti, leggi dedicate, apparati dello Stato creati ad hoc per accompagnare il processo di innovazione nella pubblica amministrazione, ancora oggi non si è capaci di incidere con forza per cambiare passo.
L’auspicio è che la nomina di un Ministro dedicato, la creazione di un Dipartimento dedicato, la razionalizzazione degli altri apparati dello stato che si occupano di innovazione, sia un cambio di passo vero e non l’ennesimo rinvio di un processo di cambiamento della Pubblica Amministrazione che attendiamo da almeno quarant’anni.
To be continued…